4 giugno 2015. La polizia cinese è intervenuta il 2 giugno contro un gruppo di tibetani che protestavano contro la costruzione di una strada in un’area di proprietà della comunità tibetana. E’ accaduto a Luchu, nella Prefettura Autonoma Tibetana di Kanlho.
All’arrivo dei mezzi meccanici destinati all’esecuzione dei lavori, gli abitanti di Luchu si sono uniti in protesta e hanno chiesto l’abbandono del progetto. La polizia, immediatamente intervenuta, ha disperso la folla e ha arrestato almeno dieci tibetani. L’usurpazione delle terre da parte delle autorità cinesi “rende insopportabile la vita dei tibetani”, ha riferito a Radio Free Asia una fonte locale. “Non hanno mai tenuto in alcun conto la volontà della comunità tibetana”, ha proseguito la fonte ricordando l’analoga protesta avvenuta nel maggio 2013 e conclusasi con l’arresto di quindici tibetani. Recentemente, nell’aprile del corrente anno, i tibetani della Contea di Sangchu hanno inscenato una manifestazione di protesta bloccando con i loro corpi l’avanzata dei macchinari per impedire la costruzione di un tratto di autostrada su terreni destinati al pascolo.
E’ del 29 maggio la notizia che le autorità cinesi della provincia dell’Amdo stanno premiando con l’elargizione di somme di denaro i monasteri che non hanno preso parte a manifestazioni di protesta contro il regime di Pechino. Sessioni di ri-educazione patriottica sono invece state imposte ai monasteri ribelli. Le visite dei funzionari cinesi alle istituzioni monastiche della zona di Dzachuka, nella Contea di Kardze, sono iniziate nei primi giorni del mese di maggio. Ai monasteri non coinvolti in attività anti-regime sono state elargite somme di denaro di importo compreso tra i 30.000 e i 50.000 yuan (tra i 5.000 e gli 8.000 dollari USA). L’area controllata ospita oltre trenta monasteri la maggior parte dei quali ha preso parte a manifestazioni di protesta. Molti monaci sono ancora in carcere.
Fonte: Radio Free Asia