31 agosto 2015. Tashi Kyi, una donna tibetana di 55 anni, madre di cinque figli, si è data la morte con il fuoco la notte del 27 agosto ed è deceduta nelle prime ore di venerdì 28 agosto.
Era originaria del villaggio di Ngura, uno dei “nuovi villaggi socialisti” costruiti dai cinesi per ospitare forzatamente i nomadi, situato nelle vicinanze della cittadina di Sangkhok, Prefettura Autonoma di Kankho, in Amdo.
“Quando i tibetani vicini hanno visto Tashi avvolta dalle fiamme hanno immediatamente cercato di salvarla gettando dell’acqua sul suo corpo. Sfortunatamente non ci sono riusciti e la donna è deceduta alle tre del mattino del giorno successivo”. Questo il racconto che una fonte tibetana ha fatto pervenire al Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia. Poliziotti e funzionari cinesi sono subito accorsi all’abitazione di Tashi Kyi e hanno portato via il suo corpo nonostante le proteste dei famigliari.
Secondo altre fonti Tashi si è data la morte in segno di protesta contro la demolizione di alcune abitazioni ritenute abusive operata dalle autorità cinesi nella cittadina di Sangkhok. Inutili le manifestazioni di protesta dei tibetani molti dei quali sono stati arrestati.
Con la morte di Tashi Kyi sale a sette il numero dei tibetani che si sono dati fuoco nel corso del 2015. 147 sono i tibetani che hanno cercato la morte all’interno del Tibet a partire dal 2009.
Il 29 agosto, a Dharamsala, i tibetani in esilio riuniti nel principale tempio della cittadina himalayana per una cerimonia di preghiera nel 49° giorno dalla morte di Tenzin Delek Rinpoche, deceduto in una prigione cinese lo scorso 12 luglio, hanno pianto e ricordato con una fiaccolata la scomparsa di Tashi Kyi.
Fonti: Phayul – The Tibet Post