17 ottobre 2015. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha diffuso la notizia di misure repressive dalle autorità cinesi nella Contea di Driru, nella cosiddetta Regione Autonoma Tibetana. Sotto bersaglio le istituzioni monastiche e le abitazioni dei tibetani.
Si è saputo che il 27 settembre il capo del governo della Contea di Driru si è recato per tre giorni presso il monastero femminile di Jada Gaden Khachoeking, nella cittadina di Pekar, e ha decretato l’espulsione di cento monache sul totale delle duecento residenti nell’istituto religioso. Alle monache espulse, colpevoli di non essere registrate presso il monastero, è stato vietato di indossare la veste monacale ed è stato proibito di continuare i loro studi in altre località. Alle monache di età superiore ai cinquant’anni, anche se regolarmente registrate, è stato vietato di risiedere nei monasteri e devono trasferirsi in case da riposo per anziani. L’obbligo di “registrazione” era stata imposta lo scorso anno dalle autorità cinesi per esercitare un maggiore controllo sui religiosi.
Le autorità cinesi hanno inoltre ordinato la chiusura dei corsi di filosofia buddista tenuti presso l’antico monastero Bon di Ngotsar Phunstokling. L’eccellenza degli studi aveva richiamato al monastero numerosi studenti provenienti anche da altre regioni.
Nelle cittadine di Sentsa e Yangshoe, le case tradizionali dei tibetani sono state rase al suolo per essere ricostruite, secondo un preteso “piano di sviluppo”, in accordo agli standard voluti dal governo. I proprietari che si sono dichiarati contrari alla decisione del governo dovranno sostenere il costo delle demolizioni (nella foto l’area delle demolizioni).
Commentando le repressioni ciclicamente in atto a Driru e a Ngaba, Tenzin Nyinjey, ricercatore presso il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha così dichiarato: “I cinesi sono in un circolo vizioso. Maggiore repressione significa maggiore opposizione. Politiche più liberali e maggior potere al popolo tibetano comportano nuove richieste. Come tutte le potenze occupanti i cinesi in Tibet sono caduti in una trappola”.
L’annuale rapporto USA della Commissione Internazionale sulla Libertà Religiosa denuncia la violazioni commesse dalla Cina sull’altopiano tibetano. Il rapporto afferma che nel corso del 2014 il governo cinese ha ulteriormente rafforzato il monopolio del suo potere su tutti gli aspetti della vita della popolazione. Arresti, multe e detenzioni sono pratiche comuni in tutta la Cina ma in Tibet, in particolare, politiche repressive e punitive sono poste in atto nei confronti sia dei civili sia dei religiosi. I monaci sono espulsi dai monasteri e le proprietà monastiche sono distrutte. Il documento denuncia inoltre la denigrazione della figura del Dalai Lama e la pretesa cinese di esprimersi sulla sua reincarnazione.
Fonti: Phayul – Tibet Post