3 novembre 2015. L’accademia di stato cinese ha pubblicato una corposa opera in otto volumi intitolata “La storia completa del Tibet”. Il libro si propone di “di confutare le falsità dell’occidente e della clicca del Dalai Lama” avvalendosi di “abbondante materiale storico e approfondite analisi”.
Nella conferenza stampa di presentazione, Lhapa Phuntsog, curatore della pubblicazione, ha affermato che l’opera consentirà l’approfondimento delle tradizioni culturali nazionali, promuoverà la consapevolezza dell’identità nazionale cinese e aiuterà la stabilità e lo sviluppo del Tibet.
L’Amministrazione Centrale Tibetana ha sempre ribadito l’esistenza di prove storiche che dimostrano l’assoluta indipendenza del Tibet prima dell’invasione cinese. “La storia è contro la Cina e il Tibet non ne ha mai fatto parte”, ha dichiarato il Sikyong Lobsang Sangay lo scorso 28 settembre in risposta all’ultimo Libro Bianco pubblicato dalla Cina. Tashi Phuntsok, segretario del Dipartimento Informazioni e Relazioni Internazionali ha affermato che il nuovo libro ricalca tutte le pubblicazioni con le quali Pechino vuole avallare il suo dominio in Tibet. “E’ una tattica usata dal governo cinese per riscrivere la nostra storia. Quando riceveremo il libro ne faremo un’accurata analisi”.
Il 29 ottobre il Centro Tibetano per I Diritti Umani e la Democrazia ha pubblicato “Lo Stato di Diritto: un rapporto sullo Stato di Diritto con caratteristiche cinesi”. Il titolo riprende le parole pronunciate nel 2014 dal presidente Xi Jinping all’interno della discussione del piano quadriennale discusso dalla Commissione del Partito Comunista cinese. Il rapporto, con speciale riferimento alla persecuzione in atto nei confronti dei giuristi e dei prigionieri politici, contesta l’esistenza di uno Stato di Diritto sia all’interno del Tibet sia all’interno della stessa Cina.
In particolare, per quanto riguarda il Tibet, il rapporto recita: “Per i tibetani che vivono sotto la Repubblica Popolare, lo “stato di diritto” cinese non è nulla di nuovo. Le politiche repressive, la proibizione di professare la propria religione e di riunirsi pacificamente, i pestaggi e le detenzioni arbitrarie, i processi ingiusti e le dure sentenze che prevedono il ricorso alla tortura, gli abusi e l’insufficiente assistenza medica sono all’ordine del giorno. La mancanza di rispetto dei diritti umani fondamentali è diventata intollerabile e molti tibetani sono ricorsi all’autoimmolazione come estrema forma di protesta”.
Fonte: Phayul – China.org.cn