«Presidente Xi Jinping, dimettiti» E scatta la caccia all’uomo in Cina

29 marzo 2016

Chi sono i «Leali membri del Partito comunista» autori di una lettera che invoca le dimissioni del presidente cinese Xi Jinping? E come ha fatto quella lettera di sfida ad essere pubblicata su un sito web legato al governo? Per scoprirlo Pechino ha scatenato una caccia all’uomo, arrestando decine di persone, compresi genitori e fratelli di dissidenti rifugiati all’estero.

La lettera del 4 marzo

Il documento cominciava così: «Salve compagno Xi Jinping, siamo leali membri del Partito comunista e ti chiediamo di dimetterti da tutte le tue cariche». Seguiva una dettagliata requisitoria sui tre anni di leadership di Xi che «accentrando tutti i poteri e abbandonando il sistema di decisione collettiva ha aperto crisi nelle sfere politiche, economiche, ideologiche e culturali del Paese». Al dirigismo e al personalismo del presidente sono stati addebitati il crollo in Borsa dell’estate scorsa; i licenziamenti massicci nelle imprese statali; una politica estera fallimentare, incapace di fermare la corsa nucleare della Nord Corea e che avrebbe causato invece il ritorno in forze degli americani nella regione. La lettera è comparsa sul portale Watching.cn il 4 marzo: una data scelta con cura perché quel giorno si apriva la sessione dell’Assemblea del Popolo, il parlamento cinese incaricato di votare il nuovo Piano quinquennale. E soprattutto, Watching.cn era stato aperto l’anno scorso dal governo provinciale dello Xinjiang e finanziato anche dal gruppo di e-commerce Alibaba con l’obiettivo di propagandare l’iniziativa «Una Cintura una Strada», riedizione della Via della Seta fortemente voluta da Xi Jinping. Anche su questo progetto geopolitico del presidente i Leali membri del Partito hanno sparso veleno perché avrebbe sprecato: «una grande quantità di riserve valutarie in Paesi caotici senza alcun profitto».

La censura e la caccia all’uomo

La censura è intervenuta con la consueta rapidità e il testo è stato cancellato. Poco dopo è partita la repressione: il presidente del sito, due dirigenti giornalistici e quattro impiegati sono scomparsi, presumibilmente arrestati. Non si hanno notizie anche di una decina di dipendenti di una società di supporto tecnico di Watching.cn. È stato fermato un noto giornalista, Jia Jia, sospettato di coinvolgimento della diffusione del documento. Lo hanno rilasciato dopo una decina di giorni perché a quanto pare era solo amico del direttore del portale e gli aveva sconsigliato di pubblicare la lettera incriminata. Forse la polizia di Pechino non sa ancora chi si celi dietro la firma e quanto possa essere in contatto con la membri della nomenklatura. La caccia si è estesa anche all’estero: due dissidenti basati negli Stati Uniti e in Germania, Wen Yunchao e Zhang Ping, hanno denunciato che loro parenti in Cina sono stati arrestati e interrogati per estorcere informazioni e fare pressione. Wen e Zhang negano di aver avuto un ruolo nell’estensione del documento.

Le tensioni interne in Cina

La lettera è arrivata in un momento critico per la politica interna cinese: il 19 febbraio Xi Jinping ha visitato la televisione nazionale Cctv, il Quotidiano del Popolo e l’agenzia ufficiale Xinhua per pronunciare un discorso forte diretto a tutti i redattori e direttori dei media statali: «Adesione stretta ai valori del giornalismo marxista, guidare nel modo appropriato l’opinione pubblica, enfasi sulla pubblicità positiva, riflettere la volontà e il punto di vista del Partito». Il Capo dello Stato, nonché segretario generale comunista, presidente della Commissione militare e di altri cinque Gruppi di Guida appositamente costituiti per garantirgli un potere incontrastato, ha usato anche una frase vagamente poetica, una sua specialità: «Come le persone, i giornali hanno un nome, che è la loro testata, ma il cognome è sempre Partito». Si sono però subito levate voci di intellettuali, giornalisti, persone pubbliche che hanno rivendicato il diritto di critica. Il caso più clamoroso è stato quello di Ren Zhiqiang, famoso imprenditore e blogger con 37 milioni di follower che ha postato: «Quando i media sono leali in primo luogo al Partito il popolo finisce in un angolo, abbandonato». Ren è stato cancellato dal web, ma non ancora arrestato, perché a quanto si dice ha appoggi importanti. La lettera dei Leali membri del Partito contiene anche un monito personale a Xi: «Temiamo che la lotta di potere interna possa portare rischi per la sicurezza tua e della tua famiglia».

 

Di Guido Santevecchi

Corriere.it

29 marzo 2016