29 luglio 2016. Monaci e monache del Centro di Studi Buddisti di Larung Gar stanno assistendo impotenti alla demolizione delle loro abitazioni recentemente decretata dalle autorità cinesi che intendono ridurre del 50% il numero dei religiosi presenti nell’Istituto.
Come riportato dal nostro sito in data 8 giugno 2016, le autorità cinesi hanno deciso che il numero delle persone attualmente ospitate a Larung Gar debba ridursi entro il 30 settembre 2017 dalle attuali 10.000 unità a non più di 5000. Il Centro di Studi Buddisti di Larung Gar è la più grande scuola filosofica del Tibet, frequentata da monaci, monache e studenti laici di origine tibetana, cinese e di molti altri paesi asiatici. Il monastero, fondato nel 1980 da Khenpo Jigme Phuntsok, si trova nella Contea di Serthar, Prefettura Autonoma Tibetana di Kardze, nella Regione del Kham, a un’altezza di 4000 metri. A partire dalla sua fondazione, la notorietà e l’alta considerazione riservata a Khenpo Jigme Phuntsok hanno fatto confluire a Larung Gar migliaia di monaci e monache che hanno costruito le loro abitazioni nei dintorni dell’Istituto: le case ricoprono l’intera vallata e le alture circostanti fornendo un colpo d’occhio davvero impressionante. Nei giorni scorsi è iniziata la demolizione delle prime 1400 abitazioni che ospitano soprattutto monache e anziani.
Nel 2001 il complesso monastico, che vantava oltre 10.000 studenti, fu oggetto di una prima ondata di demolizioni. Nel giugno di quell’anno squadre di operai cinesi abbatterono circa 2000 case, incentivati oltre che da un compenso economico anche dal permesso di impossessarsi di tutto ciò che avrebbero trovato in ogni abitazione distrutta tra cui preziosi e antichi testi sacri e oggetti di culto. Sembra che in quell’occasione furono cacciati circa 8000 tra monaci e monache che si dispersero e vagabondarono senza dimora nelle zone circostanti, privi di riparo e assistenza. Le autorità della Regione vietarono esplicitamente qualsiasi tipo di aiuto, anche sanitario, e Khenpo Jigme Phuntsog, che si era rifiutato di partecipare alla cerimonia di insediamento del Panchen Lama riconosciuto dalle autorità di Pechino, fu trasferito di forza nella città di Chengdu, in un piccolo ospedale dove nel 2004 morì in circostanze poco chiare.
Le autorità cinesi hanno affermato che non è loro intenzione chiudere l’Istituto e cancellare la prestigiosa istituzione religiosa. Il Dipartimento del Fronte Unito per il Lavoro della Contea di Serthar ha fatto sapere che la drastica riduzione del numero delle abitazioni del Centro fa parte di un progetto di “urbanizzazione” della zona che prevede di inglobare Larung Gar alla vicina cittadina di Lo-Nor. La riduzione del numero degli studenti a non più di 5000 unità sembra invece essere una misura preventiva voluta da Pechino, e forse caldeggiata dallo stesso Xi Jinping, in quanto il governo cinese ritiene che il Centro di Studi sia in realtà un ricettacolo di elementi sovversivi che forniscono informazioni alle “forze separatiste in esilio”. “Queste demolizioni sono parte di una serie di provvedimenti politici adottati dal governo cinese per limitare la libertà religiosa dei tibetani”, ha dichiarato Matteo Mecacci, presidente di International Campaign for Tibet. “Larung Gar è un centro di studi attivo e dinamico, conosciuto in Cina e in tutto il mondo. Svolge un lavoro importante in termini di protezione della lingua, della cultura e della religione tibetana e come tale dovrebbe essere salvaguardato e protetto”.
Unendosi allo sdegno suscitato dalle demolizioni in atto, l’Associazione Italia-Tibet ha diffuso il seguente comunicato stampa: