25 agosto 2016. Le autorità cinesi della Contea di Ngaba hanno reso pubblico un documento in cui sono elencate tutte le forme di pacifica protesta rigorosamente vietate dal governo.
Il manuale impone ai monaci dei monasteri della Contea di non diffondere al di fuori del Tibet, attraverso i social media, qualunque tipo di informazione. Vieta inoltre la distribuzione di volantini “separatisti”, l’esposizione di fotografie del Dalai Lama, assembramenti e pubbliche manifestazioni contro il regime. Severamente bandite e punite le stesse auto immolazioni, estrema forma di protesta dei tibetani.
Il testo, pubblicato in lingua tibetana e cinese il 28 luglio 2016, è stato distribuito in quaranta monasteri della Contea di Ngaba, incluso il monastero di Kirti. Le autorità cinesi hanno voluto incontrare i rappresentanti di tutti i monasteri per rendere esecutiva l’applicazione del regolamento. Chiunque violerà le nuove direttive sarà punito a norma di legge. Chi favorirà le autoimmolazioni sarà accusato di omicidio, Quanti faranno uso dei social media per pubblicare o acquisire video, scritti o immagini “separatiste” saranno severamente puniti con l’accusa di “diffusione di segreti di stato”.
Lobsang Yeshi, un monaco del monastero di Kirti in esilio, ha così commentato le nuove disposizioni: “Le autorità cinesi intendono giustificare e legalizzare la soppressione dei tibetani; il testo reso pubblico mostra la realtà della situazione all’interno del Tibet ed è una prova dell’autoritarismo del governo”.
Il 22 agosto la Cina ha annunciato il lancio di un nuovo motore di ricerca in lingua tibetana definito dalle testate cinesi “il primo al mondo” per le caratteristiche tecniche. Il motore di ricerca, denominato Yongzin – dalla parola tibetana “insegnante” o “maestro”, è opera del Centro di Ricerca Tibetano per l’Informazione e la Tecnologia e si avvalso di finanziamenti statali. Il logo e il design sono ispirati a Google, vietato in Cina. Pubblicizzato dalle autorità cinesi come un grande passo in avanti nell’ambito delle iniziative volte a favorite le minoranze etniche, è tuttavia un potente strumento di sorveglianza che consente al governo cinese di monitorare le ricerche compiute dai tibetani. Rilevazioni eseguite dopo il lancio hanno evidenziato che digitando la parola “Dalai Lama” in tibetano i link raggiungibili non mostrano alcunché di rilevante. La ricerca “Free Tibet” conduce a link relativi a pubblicazioni considerate illegali in Cina e perfino la ricerca di “Tibetan tea” conduce a siti che mostrano immagini di funzionari cinesi che bevono il tè.
Fonte: Tibet Post International