1 settembre 2016. Due giovani monache residenti presso il Centro di Studi Buddisti di Larung Gar si sono tolte la vita in segno di protesta contro la demolizione di larga parte del monastero decretata dalle autorità cinesi.
Tsering Dolma, una religiosa di circa vent’anni, si è impiccata il 17 agosto. Una fonte locale ha dichiarato a Radio Free Asia che la monaca “non poteva più a lungo sopportare il dolore provocato dalla distruzione di Larung Gar”. “In un appunto scritto prima di darsi la morte ha espresso la sua angoscia per la demolizione in atto, certa che i cinesi non avrebbero mai lasciato vivere in pace i religiosi residenti nel monastero”. Nativa di Mewa, un piccolo centro della Contea di Marthang, nella Prefettura Autonoma di Ngaba, Dolma assisteva “depressa e preoccupata” alla demolizione di migliaia di abitazioni dei monaci. Il dolore l’ha portata alla decisione di togliersi la vita.
Radio Free Asia riferisce la notizia della morte di un’altra monaca, Sengma, originaria del villaggio di Dowa, nella Contea di Dzamthang. A causa della stretta sorveglianza esercitata dalle autorità cinesi sulle comunicazioni telefoniche e telematiche, nel tentativo di impedire fughe di notizie dal luogo delle demolizioni, non sono al momento pervenute altre informazioni relative alla sua persona. Una terza religiosa, non identificata, avrebbe cercato di togliersi la vita ma si sarebbe salvata grazie al tempestivo intervento delle consorelle. Lo scorso 20 luglio – ma la notizia era pervenuta solo il 9 agosto – una prima monaca, Rinzin Dolma, si era impiccata non potendo sopportare la vista della distruzione del centro monastico e delle continue vessazioni inflitte agli studenti dalle autorità cinesi.
I lavori di demolizione sono iniziati lo scorso 20 luglio. Le autorità cinesi hanno deciso che il numero delle persone ospitate a Larung Gar debba ridursi, entro il 30 settembre 2017, dalle attuali 10.000 unità a non più di 5000. Il Centro di Studi Buddisti di Larung Gar (nella foto, come si presentava) è la più grande scuola filosofica del Tibet, frequentata da monaci, monache e studenti laici di origine tibetana, cinese e di molti altri paesi asiatici. Il monastero, fondato nel 1980 da Khenpo Jigme Phuntsok, si trova nella Contea di Serthar, Prefettura Autonoma Tibetana di Kardze, nella Regione del Kham, a un’altezza di 4000 metri. A partire dalla sua fondazione, la notorietà e l’alta considerazione riservata a Khenpo Jigme Phuntsok hanno fatto confluire a Larung Gar migliaia di monaci e monache che hanno costruito le loro abitazioni nei dintorni dell’Istituto: le case ricoprivano l’intera vallata e le alture circostanti fornendo un colpo d’occhio davvero impressionante.
Nel 2001 il complesso monastico, che vantava oltre 10.000 studenti, fu oggetto di una prima ondata di demolizioni. Nel giugno di quell’anno squadre di operai cinesi abbatterono circa 2000 case, incentivati oltre che da un compenso economico anche dal permesso di impossessarsi di tutto ciò che avrebbero trovato in ogni abitazione distrutta tra cui preziosi e antichi testi sacri e oggetti di culto. Sembra che in quell’occasione furono cacciati circa 8000 tra monaci e monache che si dispersero e vagabondarono senza dimora nei boschi circostanti, privi di riparo e assistenza. Le autorità della Regione vietarono esplicitamente qualsiasi tipo di aiuto, anche sanitario, e Khenpo Jigme Phuntsog, che si era rifiutato di partecipare alla cerimonia di insediamento del Panchen Lama fantoccio, riconosciuto dalle autorità di Pechino, fu trasferito di forza nella città di Chengdu, in un piccolo ospedale dove nel 2004 morì in circostanze poco chiare.
Fonti: Phayul – Radio Free Asia – redazione