La sfida a Pechino del Dalai Lama: “Minacce di routine, il Tibet è una spina”

 

“SONO diventati reclami di routine. Le minacce vengono da funzionari che, qualunque cosa sentano personalmente, sono costretti ad agire così”. Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama – oggi a Milano per ricevere la cittadinanza onoraria – liquida le polemiche che hanno accompagnato il suo riconoscimento e le dure e sistematiche proteste di Pechino, che lo ritiene un separatista; sorvola però sulla posizione di Papa Francesco, il quale per due volte ha preferito non incontrarlo nei suoi più recenti viaggi italiani.
Il nuovo leader comunista del Tibet ha ribadito che “contrastare il Dalai Lama è la più alta priorità regionale di Pechino”. Lei aveva definito Xi Jinping “più aperto” e “realistico” dei predecessori. Qual è la situazione attuale?
“Il clima in Tibet rimane estremamente cupo e repressivo, caratterizzato da controlli costanti sui tibetani ai quali sono negati molti diritti umani fondamentali. Lo ammettano o no, il Tibet resta una spina per la Cina che intende svolgere un ruolo importante nel mondo”.

Qual è la lezione appresa dai tibetani dopo tanti anni di isolamento?
“Consideriamo la condizione della nostra terra come un riflesso diretto della interdipendenza globale. La nostra casa è sull’altipiano più elevato e grande del mondo, dove il riscaldamento climatico è quasi tre volte più veloce rispetto al resto del pianeta. È il più vasto deposito di acqua dolce e di ghiacciai dopo i Poli, fonte dei maggiori sistemi fluviali vitali per le dieci nazioni più densamente popolate al mondo. Per questo diciamo che tutto è interconnesso, e ora anche i leader cominciano a rendersi conto che devono sempre considerare le conseguenze delle loro azioni”.

Ma gli interessi particolari dominano la terra. Vede il caso delle guerre e degli esuli in Medio Oriente?
“Sarebbe facile sentire un senso di disperazione. Ma piuttosto che cedere al disagio, è tanto più necessario oggi essere realistici, fiduciosi e ottimisti. Guardate gli esempi di gente qualunque che in tutto il mondo mostra grande compassione verso le sofferenze dei profughi, coloro che li hanno salvati dal mare e quanti li hanno accolti o fornito amicizia e sostegno, come nel vostro Paese”.

Lei stesso disse però che gli esuli sono troppi, e che la Germania “non può diventare un Paese arabo…”.
“Se è dovere di tutti aiutarli in ogni modo possibile, accogliere i rifugiati in numero schiacciante non è una soluzione pratica. L’intera popolazione del Medio Oriente non può muoversi in massa verso l’Europa. Più importante nel lungo termine è riportare la pace nelle terre dalle quali stanno fuggendo in modo che possano poi tornare a casa”.

Una delle paure che accompagna gli esodi in Europa è quella del terrorismo: che ne pensa?
“Lo so, ma non sono d’accordo con chi parla di “terroristi islamici”. I terroristi sono terroristi e basta le cui azioni spaventose sono in contrasto con tutti gli insegnamenti religiosi e i codici del buonsenso. Anche se io sono un monaco buddista, ho difeso l’Islam perché so che un vero musulmano non commette spargimenti di sangue”.

Lei propone spesso soluzioni a lungo termine in un mondo che brucia.
“C’è bisogno di un tipo di educazione in grado di cambiare noi stessi, il nostro modo di pensare l’impegno verso gli altri. Da decenni nei miei colloqui con scienziati, educatori e operatori sociali di tutto il mondo emergono preoccupazioni sulla necessità di un sistema etico che incorpori un’educazione del cuore, e quella che si basa sullo studio del funzionamento della mente e delle emozioni, piuttosto che la pratica religiosa. Dall’asilo all’università può nascere un cittadino globale, più consapevole di sé, capace di gestire le proprie emozioni distruttive e coltivare sane abilità sociali”.

Sembra però non essere un tema in cima ai pensieri del leader mondiali. Non le pare?
“La mia generazione ha sperimentato tanta violenza che ritengo sia nostro dovere contribuire a sostenere le generazioni a venire. Se prevalgono le stesse condizioni, anche loro soffriranno come nel passato. Coloro che sono giovani oggi hanno entrambi l’opportunità e la responsabilità di lavorare per creare un mondo migliore e più felice. Juan Manuel Santos, presidente della Colombia, ha appena firmato un accordo storico che pone formalmente fine a 52 anni di guerra civile. Questo è un esempio vivente che il dialogo, il compromesso possono essere raggiunti anche tra coloro che sono stati nemici per così tanto tempo”.

Lei ha più volte detto di essersi pensionato per quanto riguarda gli affari terreni, e che la sua stessa reincarnazione è in dubbio…
“Quando il 1° Dalai Lama raggiunse gli 80 anni espresse una certa tristezza nel sentirsi invecchiare. I suoi discepoli gli dissero che non doveva preoccuparsi perché sarebbe probabilmente rinato in un cielo o una terra pura. Lui replicò che non aveva alcun desiderio di andare in una terra pura. Voleva nascere dove c’erano persone che soffrono in modo da poterle aiutarle. Questa storia ha avuto un profondo impatto su di me, come i versi del saggio Shantideva che mi ripeto ogni giorno: “Finché dura lo spazio e finché rimangono esseri viventi, fino ad allora possa restare per fugare la miseria del mondo””.

 

Intervista di Raimondo Bultrini

20 ottobre 2016

Repubblica.it