17 novembre 2016. Nel tentativo di impedire ai tibetani dal recarsi in India per presenziare alla celebrazione dell’iniziazione di Kalachakra, le autorità cinesi delle regioni del Kham, dell’Amdo e del Gansu hanno confiscato i loro passaporti.
A Bodh Gaya, in India, con una cerimonia che prenderà l’avvio il 3 gennaio 2017 per concludersi il giorno 13 dello stesso mese, il Dalai Lama conferirà l’importante iniziazione di Kalachakra, la 34° impartita dal leader religioso tibetano ai fedeli buddhisti che a migliaia partecipano a questo importante evento. Come sempre, è previsto l’arrivo a Bodh Gaya di un gran numero di pellegrini provenienti non solo dall’India e dalle regioni himalayane ma anche dal Tibet. Ricordiamo che la prima iniziazione di Kalachakra fu conferita dal Dalai Lama nel 1954 presso la residenza del Norbulinka, in Tibet. L’ultima fu celebrata in Ladakh nel 2014.
Radio Free Asia riferisce che, nel tentativo di limitare o del tutto impedire ai tibetani con passaporto cinese di lasciare il Tibet per recarsi in India, le autorità delle province del Kham, dell’Amdo e del Gansu hanno confiscato i passaporti dei tibetani adducendo come pretesto la necessità di apporre sui documenti “un nuovo timbro”. Le autorità cinesi riconsegneranno i passaporti “quando i funzionari delle città e dei villaggi delle tre province avranno apposto i timbri richiesti”. L’intenzione di limitare la possibilità di movimento dei pellegrini è confermata dal fatto che non sono stati confiscati i passaporti delle persone autorizzate a viaggi d’affari. Fonti tibetane riferiscono inoltre che ai tibetani residenti in India e in Nepal e a quanti, dal Tibet, si sono già messi in viaggio alla volta di Bodh Gaya, è stato chiesto di fare ritorno. “Funzionari cinesi si sono recati presso le abitazioni dei famigliari dei tibetani in viaggio chiedendo loro di avvisare i congiunti di fare immediatamente ritorno”.
Il 14 novembre, 41 tibetani provenienti dal Tibet che viaggiavano su un autobus privato sono stati arrestati dalla polizia nepalese a Dhangadhi, una cittadina a poca distanza dalla frontiera indiana e a soli 392 chilometri da Delhi. Accusati di non essere in possesso di validi documenti di viaggio, sono stati smistati (17 donne presso il Centro di Immigrazione di Kathmandu e 24 uomini nella prigione di Dilli Bazar, nel centro della città) e trattenuti per “ulteriori accertamenti e le necessarie procedure legali”. Il 16 novembre, 39 dei fermati sono stati scarcerati mentre restano agli arresti, in attesa di nuove verifiche, due tibetani con documento di identificazione indiano. Secondo quanto riferisce il sito di informazione Phayul, è improbabile che i 39 tibetani provenienti dal Kham e dall’Amdo riusciranno a raggiungere l’India ed è invece verosimile un loro arresto al rientro in Tibet: in passato molti tibetani che si erano recati in India sono stati arrestati e puniti per avere trasgredito le disposizioni cinesi.
Fonti: Radio Free Asia – Phayul