10 marzo 2017
Roma, 10 marzo. 58 anni dopo la Rivolta di Lhasa il Tibet è ancora oggi il “nervo scoperto della Cina”. A dirlo è Claudio Cardelli, presidente dell’Associazione Italia/Tibet, nata alla fine degli anni ’80 con lo scopo di sensibilizzare sulla dolorosa situazione che vive il Tibet sotto occupazione cinese.
“Oggi sul cosiddetto tetto del mondo la politica cinese che ha portato nel Paese una cinesizzazione forzata” ci dice Cardelli “nata con l’invasione dei coloni cinesi e proseguita con tutta una serie di infrastrutture propagandate come strumenti utili allo sviluppo dell’economia ma che in realtà sono mezzi per rafforzare la colonizzazione”.
Ci faccia un esempio.
Penso alla ferrovia più alta del mondo che in realtà è usata moltissimo per l’esproprio di risorse naturali, in particolare rame e altri metalli preziosi. Il Tibet è grande un quarto della Cina, quindi è vastissimo. E c’è tantissima acqua. Perché in Tibet nascono i grandi fiumi dell’Asia, il Fiume Giallo, il Mekong, l’Indo, ecc, che poi si irradiano come i raggi di una ruota in tutto il subcontinente asiatico. E la Cina ha un bisogno enorme di acqua pulita per il suo sviluppo forsennato industriale, per questo non ha intenzione di mollare la presa.
Lei oggi sarà in prima fila alla manifestazione per il Tibet a Milano.
Quello che si celebra oggi a Milanoè una sorta di Tibet Independence day, è il giorno più importante per i tibetani, che celebrano l’anniversario dell’insurrezione di Lhasa. Un fatto tragico che ha segnato la fine di quell’interregno in cui si è cercato inutilmente un compromesso con gli occupanti cinesi arrivati nel 1950.
Da allora il Tibet è stato definitivamente occupato dai cinesi.
I cinesi hanno messo in atto una forma di colonizzazione di stampo ottocentesco, una occupazione illegittima di un territorio che quando è stato invaso nel 1950 era indipendente de iure e de facto e che nel corso della sua storia ha sempre presentato una sua identità ben precisa e molto diversa e distaccata da quella cinese. Per via della lingua, della religione, da tutta una serie di relazioni che sono molto più forti con l’India che non con la Cina. Quindi l’occupazione cinese del Tibet oltre che un atto violento e illegale è anche l’occupazione di un territorio estraneo alla Cina. Non dimentichiamo che nonostante le rivendicazioni cinesi sul passato storico, nel nono secolo il Tibet era un impero che arrivava alle porte di Pechino, e comandavano i tibetani.
Un Paese fantastico quindi?
Bisogna essere onesti. Il paese è arretrato, non ci sono storie, ha tante storture, contraddizioni e discrepanze sociali. Ma tutto è sempre stato in equilibrio perché il buddhismo era il collante sociale, poi i cinesi hanno dipinto ed enfatizzato lo sfruttamento feudale presente nei monasteri. Il Tibet non era un paradiso in terra ma il fatto che uno venga da fuori a imporre un nuovo progetto politico e sociale che si traduce con un bagno di sangue mi sembra una cosa fuori dal mondo, inaccettabile.
E oggi come stiamo a libertà religiosa?
La Cina sta lavorando alacremente per controllare la religione in Tibet, corrompendo e portando a suo favore diversi lama e nominandoli lei stessa. Per dare l’idea: un partito comunista e laico che ha condannato per decenni le pratiche religiose, adesso si scopre esoterico, riconosce le reincarnazioni, fa l’elenco dei lama buoni e dei lama cattivi. Tempo fa hanno fatto un elenco di reincarnazioni giuste e ovviamente il Dalai Lama non era presente. Succede quello che in Cina accade con la Chiesa cattolica: c’è quella patriottica e la chiesa clandestina. E io mi meraviglio che in Vaticano vogliano ancora usare le buone maniere per ottenere qualcosa dai cinesi. Probabilmente non hanno ancora capito come funziona. I cinesi più li tratti male più ti rispettano, se sei forte più loro sono deboli e viceversa. È una legge che dura da secoli.
Cosa vede oggi chi va in Tibet?
Il Tibet è chiuso ai giornalisti. Per i turisti stranieri vengono organizzate cose ad hoc e c’è che pensa sia inutile andarci perché ormai il Tibet si è ridotto a essere una macchina turistica di stampo cinese. Ma c’è anche chi dice sia un bene andarci perché al di là di quello che vogliono far apparire i cinesi si vede benissimo che i tibetani vivono sotto un regime di terrore, ed è palpabile la terribile paura che serpeggia tra la gente. Ma oggi il turismo occidentale è marginale. Per lo più esiste un turismo fatto di cinesi che considerano il Tibet un posto esotico, popolato da buffi montanari un po’ superstiziosi e arretrati a cui loro hanno portato civiltà e benessere.
Claudio Cardelli sarà in prima fila oggi, alla manifestazione milanese che alle 15.30 partirà da piazza Meda e si concluderà a Palazzo Marino, dove si svolgerà un convegno dal titolo “Tibet: passato, presente, futuro”, a cui prenderanno parte studiosi e esponenti della comunità tibetana in Italia. Una comunità scarna, che conta circa 200 persone su tutto il territorio nazionale. Perché in Italia ai tibetani non viene riconosciuto lo status di rifugiati politici grazie a una serie di politiche messe in atto da governi figli dei vecchi comunisti amici e ammiratori di Mao.