30 marzo 2017. Fonti ufficiali cinesi hanno reso noto che entro la fine del mese di aprile sarà ultimata la demolizione dei 3.225 alloggi appartenuti ai religiosi ormai allontanati da Larung Gar, il più grande e noto centro di studi buddhisti tibetani.
Parlando ai membri della comunità religiosa, un abate dell’istituto ha dichiarato che nel corso del 2016 e nei primi tre mesi dell’anno in corso sono stati allontanati da Larung Gar e dal vicino centro di Yachen Gar 4.828 religiosi. In previsione dell’arrivo, con l’incarico di ispezionare i lavori in corso, del capo della provincia del Sichuan, l’abate ha chiesto ai monaci e alle monache di Larung Gar di mantenere la calma e concentrarsi sui loro studi: “Poiché siete per lo più tutti giovani, dovete essere tranquilli e concentravi sulla pratica e sullo studio. Per i nostri monaci e le nostre monache è stato un periodo molto duro e difficile, sia fisicamente sia mentalmente. L’ordine riguardante le demolizioni e le espulsioni viene dall’alto e non può essere discusso, dobbiamo mostrare senso di sopportazione e non reagire con proteste o suicidi. Dobbiamo pazientare ed essere tolleranti ancora per un mese”.
Il 29 marzo, l’organizzazione Human Rights Watch ha diffuso un comunicato in cui chiede alle autorità cinesi di porre fine alle espulsioni dei religiosi e alla loro forzata ri-educazione. Molti dei monaci e delle monache allontanati dall’istituto sono stati infatti costretti a tornare nella cosiddetta Regione Autonoma (TAR), privati della libertà personale e sottoposti a trattamenti degradanti come, ad esempio è avvenuto nel novembre 2016 a Nyingtri, nella zona sud orientale del TAR, dove un gruppo di almeno cento religiosi, monaci e monache, è stato sottoposto a sessioni di ri-educazione politica. Human Rights Watch cita un video diffuso all’epoca sui social media in cui si vedevano venticinque donne tibetane all’interno di una stazione di polizia, con la testa rasata e in abiti militari, costrette a cantare: “Le donne tibetane e cinesi sono figlie della stessa madre e il nome della madre è Cina”. Un altro video mostrava dodici monache tibetane, in abiti religiosi, danzare di fronte a funzionari cinesi al suono della “Canzone dei Servi Emancipati”, nota per essere stata eseguita nel 1959, a Pechino, di fronte al presidente Mao.
“La Cina sta eliminando in modo crudele e caparbio ogni forma di libertà e pratica religiosa”, ha dichiarato Sophie Richardson direttrice di Human Rights Watch. “Le autorità devono porre fine allo smantellamento della comunità, spiegare le ragioni del loro comportamento a Larung Gar e a Nyingtri e porre fine alle restrizioni imposte ai monaci allontanati dall’istituto consentendo loro di dedicarsi pienamente alla pratica e ai rituali religiosi”.
Fonti: The Tibet Post – Human Rights Watch