30 giugno 2017. Il dissidente cinese e premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, in carcere dal 2009, è stato rilasciato e ricoverato in regime di libertà condizionata all’ospedale di Shenyang, nella provincia del Liaoning. La notizia è stata confermata dal suo avvocato al South China Morning Post. L’intellettuale e attivista cinese soffre purtroppo di in tumore al fegato in fase terminale. Liu, oggi sessantaduenne, fu più volte arrestato e posto agli arresti domiciliari per i suoi scritti e la sua opera di attivista per i diritti umani. Tra il giugno 1989 e il gennaio 1991 scontò venti mesi di carcere per aver preso parte al Movimento per la Democrazia. Dall’ottobre 1996 all’ottobre 1999 subì tre anni di rieducazione attraverso il lavoro per aver denunciato la corruzione del governo. Ciononostante, Liu Xiaobo continuò a scrivere e pubblicare saggi sulla situazione dei diritti umani in Cina e ad avanzare la richiesta di riforme politiche fino al suo arresto, l’8 dicembre 2008, il giorno prima della pubblicazione della “Charta 08”, una petizione in cui si chiedevano il rispetto dei diritti umani e riforme politiche. Nelle settimane che precedettero il processo, i 450 co-firmatari del documento sottoscrissero una petizione on line in cui si dichiaravano collettivamente responsabili. Nel dicembre 2009, al termine del processo svoltosi a Pechino, la corte condannò Liu Xiaobo alla pena di undici anni di carcere e alla privazione dei diritti politici per un periodo di due anni sotto l’accusa di “incitamento alla sovversione del potere dello stato”.
Nel 2010 il Comitato norvegese per il Nobel assegnò il prestigioso riconoscimento a Liu Xiaobo, una “scelta da difendere”, secondo i membri dello stesso comitato, a causa delle immediate proteste di Pechino che definì “un’oscenità” il conferimento del Nobel per la Pace a Liu Xiaobo e ostacolò in ogni modo la circolazione della notizia. La strada che conduceva alla prigione di Jinzhou, nella provincia nord orientale del Liaoning fu bloccata. Informato dalla direzione del carcere del conferimento del Nobel alla sua persona, Liu Xiaobo, con le lacrime agli occhi, disse alla moglie: “Dedico questo premio ai caduti del 4 giugno e allo spirito non violento con il quale combatterono per la pace, la libertà e la democrazia”. A Pechino, la moglie di Liu fu posta agli arresti domiciliari e strettamente sorvegliata dai funzionari di polizia. Le fu impedito di recarsi a Oslo per ritirare il Premio in vece del marito.
Il Premio fu ritirato dall’attivista cinese Yang Jianli. L’attrice Liv Ullmann lesse un discorso scritto da Liu Xiaobo nel dicembre 2009, due giorni prima di essere condannato dal regime di Pechino a undici anni di carcere. Eccone alcuni stralci: “Nel corso dei miei oltre cinquant’anni di vita, il giugno del 1989 ha rappresentato uno spartiacque. Fino a quel momento ero un esponente della prima generazione di studenti entrati all’università dopo la reintroduzione degli esami d’ingresso che la Rivoluzione Culturale aveva abolito. Dopo aver completato gli studi rimasi all’Università Normale di Pechino per insegnare. Gli studenti mi accolsero bene. E nel frattempo facevo l’intellettuale pubblico, scrivevo articoli e libri che suscitarono un certo clamore negli anni 80. Dopo il 4 giugno del 1989 fui gettato in prigione con l’accusa di “propaganda controrivoluzionaria e istigazione” perché ero tornato dagli Stati Uniti per prendere parte al movimento di protesta.
Sono passati vent’anni, ma i fantasmi del 4 giugno non sono ancora svaniti. E ancora adesso mi ritrovo sul banco degli imputati a causa della mentalità da nemico che ha il regime. Ma voglio ribadire a questo regime che mi sta privando della libertà che io rimango fedele ai principi espressi nella “Dichiarazione per lo sciopero della fame del 2 giugno”, vent’anni fa: io non ho alcun nemico e non provo nessun odio.
L’odio può corrompere l’intelligenza e la coscienza di un individuo. La mentalità del nemico può avvelenare lo spirito di una nazione, istigare contese feroci e mortali, distruggere la tolleranza e l’umanità di una società e ostacolare il progresso di una nazione verso la libertà e la democrazia. Per questo spero di riuscire a guardare allo sviluppo della nostra nazione e al cambiamento sociale trascendendo le mie esperienze personali, per contrapporre all’ostilità del regime la massima benevolenza e per dissolvere l’odio con l’amore”. “La libertà di espressione è il fondamento dei diritti umani, la fonte dell’umanità e la madre della verità. Strangolare la verità di espressione significa calpestare i diritti umani, soffocare l’umanità e sopprimere la verità. Per poter esercitare il diritto alla libertà di parola accordato dalla Costituzione bisogna adempiere al proprio dovere sociale di cittadino cinese. Non c’è nulla di criminale in tutto quello che ho fatto. Ma se mi si accusa per questo, non ho rimostranze da fare”.