5 settembre 2017. Con una solenne cerimonia svoltasi presso il tempio principale di Dharamsala (nella foto), il Parlamento e l’Amministrazione Centrale Tibetana hanno celebrato, il 2 settembre, la 57° Giornata della Democrazia Tibetana a ricordo del primo Parlamento istituito dal Dalai Lama nel lontano 1960 all’indomani della sua fuga in esilio.
Arrivato in India e accolto dal Premier Nehru che gli assicurò il sostegno del suo governo, il Dalai Lama e il governo tibetano in esilio furono ospitati dapprima a Mussorie, una località montana nello stato dell’Uttar Pradesh. Nel maggio 1960, il governo tibetano in esilio, con il nome di “Amministrazione Centrale Tibetana”, fissò la sua sede a Dharamsala, nell’Himachal Pradesh.
L’Amministrazione Centrale Tibetana si adoperò immediatamente non solo per garantire ai profughi alloggio, istruzione e autosostentamento ma anche per porre le basi di un sistema democratico in grado di funzionare in un futuro Tibet libero.
Il 2 settembre 1960 venne istituito un Parlamento, denominato Commissione dei Deputati del Popolo Tibetano, che gradualmente si trasformò in un autentico potere legislativo: l’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano.
Nel 1990, il Dalai Lama, proseguendo nel processo di democratizzazione delle istituzioni tibetane in esilio, portò a 46 il numero dei componenti l’Assemblea alla quale fu dato potere di eleggere il “Kashag”, il Consiglio dei Ministri. All’Assemblea legislativa fu affiancata la Commissione di Giustizia, il potere giudiziario.
La nuova Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano emanò una Costituzione denominata “Carta dei Tibetani in Esilio”.
Nel 2001, con un emendamento alla Costituzione, l’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano votò a favore dell’elezione diretta del Primo Ministro, il “Kalon Tripa”, la più alta autorità dell’esecutivo, da parte dei tibetani in esilio. A sua volta il Primo Ministro designa i candidati responsabili dei vari ministeri la cui nomina deve essere approvata dal Parlamento. Il Primo Kalon Tripa eletto direttamente dal popolo fu il professor Samdhong Rinpoche al quale successe nel 2011, al termine del suo secondo mandato quinquennale, l’attuale Presidente (secondo la nuova denominazione) dottor Lobsang Sangye.
Il 10 marzo 2011, nel discorso commemorativo del 52° anniversario dell’insurrezione di Lhasa, il Dalai Lama annunciò la sua irrevocabile decisione di lasciare la guida politica del popolo tibetano e di devolvere il suo potere temporale ai leader tibetani democraticamente eletti. Il giorno seguente, 11 marzo, il Dalai Lama in un messaggio rivolto ai membri del Parlamento ricordò di aver già espresso a più riprese, in diverse occasioni ufficiali, questa sua volontà e concluse affermando: “Ora, la decisione su questo importante argomento non può essere ulteriormente ritardata e, durante questa stessa sessione del Parlamento, devono essere apportati alla Carta costituzionale tutti i necessari emendamenti e le normative ad essi correlate affinché io possa essere completamente sollevato dalla carica politica formale”. Il 25 marzo 2011 il Parlamento tibetano accettò le sue dimissioni.
Il 21 maggio 2011 fu convocata l’Assemblea Generale Tibetana. I 418 delegati, provenienti da vari paesi e divisi in dieci gruppi di lavoro, furono chiamati a discutere la bozza delle modifiche alla Carta costituzionale nel frattempo redatta dal Comitato per gli Emendamenti presieduto dal Primo Ministro uscente, prof. Samdhong Rinpoche. Il 24 maggio, l’Assemblea, discussi e approvati gli emendamenti, decise all’unanimità di chiedere al Dalai Lama di acconsentire ad accettare almeno il ruolo di “Capo di Stato Cerimoniale”. Sua Santità rifiutò decisamente di assumere questo ruolo. Il 26 maggio, l’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano – il Parlamento – si riunì in una speciale Sessione aggiuntiva e il 29 maggio, al termine del terzo giorno dei lavori, fu presentata al Dalai Lama la nuova Carta con gli emendamenti definitivi. Il Dalai Lama ratificò la Carta costituzionale. Fu l’ultimo atto politico di Tenzin Gyatso che, da quel momento, cessò di essere il leader politico dei tibetani, carica che, di reincarnazione in reincarnazione, era stata ricoperta, assieme a quella di leader spirituale, dai Dalai Lama a partire dal 1642, all’epoca del Grande V. Il Dalai Lama conserva il ruolo di leader spirituale dei tibetani.
L’articolo 1 definisce il Dalai Lama “Protettore e Simbolo del Tibet e del popolo Tibetano”. L’articolo afferma che il Dalai Lama sarà chiamato ad esprimere il proprio parere e dare il proprio sostegno in materia di protezione e promozione del benessere fisico, spirituale, etico e culturale del popolo tibetano, a proseguire nel suo impegno volto a trovare una soddisfacente soluzione al problema del Tibet e ad adoperarsi affinché si realizzino gli obiettivi del popolo tibetano. Dovrà fornire, per sua iniziativa o dietro richiesta da parte dei rappresentanti eletti, i suoi suggerimenti al Parlamento tibetano e al Governo su argomenti di importanza per il popolo tibetano, incluse le questioni riguardanti la comunità e le istituzioni in esilio. A nome del popolo tibetano, incontrerà i leader mondiali e altre importanti personalità e organismi per spiegare e discutere i problemi e le necessità della sua gente e indicherà i suoi rappresentanti e inviati speciali.
Fonte: Redazione