12 ottobre 2017. La città cinese Hangzhou sospende provvisoriamente il gemellaggio con Pisa. Lo ha reso noto, il 10 ottobre, il sindaco Marco Filippeschi.
Mentre una delegazione del Comune si apprestava a partire, la settimana prossima, per la Cina in seguito all’invito della città gemellata di Hangzhou, spiega l’amministrazione pisana, “l’ufficio dei gemellaggi della città cinese ha fatto sapere al Comune con una sintetica nota che la delegazione pisana non sarebbe stata accolta come previsto, poiché a Pisa si è deciso di accogliere il Dalai Lama, dunque con una sospensione delle collaborazioni”.
Il Dalai Lama è cittadino onorario di Pisa e la provincia di Pisa ospita l’Istituto Lama Tzong Khapa, a Pomaia, come era stato illustrato di fronte a obiezioni fatte dal Consolato cinese. “Le città italiane – ha detto il sindaco Marco Filippeschi – fanno e faranno scelte in libertà e in buona fede. Il Dalai Lama ha incontrato giovani e studiosi parlando di evoluzione della mente, di convivenza e di pace. Nessuna intenzione dunque d’interferire con la politica estera della Repubblica Popolare di Cina è stata manifestata. Quella della città cinese appare come una ritorsione alla quale Pisa vuole rispondere con pacatezza”. Il Comune, termina la nota dell’amministrazione, “non esercita ritorsioni e il sindaco ha affermato di voler mantenere il gemellaggio e l’amicizia: nei prossimi giorni cercherà di dialogare anche tramite il consolato e l’ambasciata, per un necessario chiarimento”.
Il Dalai Lama: lo spirito del popolo tibetano è indomabile
Intervenendo il 7 ottobre al Five Fifty Forum organizzato a Dharamsala dal Dipartimento Informazioni e Relazioni Internazionali dell’Amministrazione Centrale Tibetana, il Dalai Lama ha affermato che, nonostante le grandi sofferenze subite dai tibetani a causa delle politiche repressive della Cina, il popolo del Tibet ha preservato con grande valore e coraggio il suo indomabile spirito. Il Dalai Lama ha inoltre ricordato come, a partire dalla Rivoluzione Culturale, la Cina abbia incessantemente e con ogni mezzo cercato di annientare la religione e la cultura del Tibet. “Ma ha fallito” – ha detto Tenzin Gyatso –, “i cinesi non si sarebbero mai aspettati che, dopo cinquant’anni, la questione tibetana sarebbe stata non solo ancora viva ma anche più forte”. Rivolgendosi agli oltre 130 partecipanti al Forum il Dalai Lama ha affermato che sostenere il Tibet significa soprattutto sostenere la giustizia. “Sono molte, in tutto il mondo, le comunità che lottano per la libertà. Purtroppo molte ricorrono alla violenza per raggiungere il loro scopo. I tibetani invece, nonostante le enormi difficoltà, si sono sempre impegnati sulla strada della pace e della non-violenza”.
Five and Fifty è la denominazione con cui il presidente dell’Amministrazione Centrale Tibetana Lobsang Sangay ha indicato la via che i tibetani e i loro sostenitori devono seguire: nei prossimi cinque anni i tibetani sono chiamati a dare nuovo slancio alla lotta per il conseguimento di una genuina autonomia sulla base dell’Approccio della Via di Mezzo. Allo stesso tempo il movimento a favore della causa tibetana dovrà essere sostenuto e dovrà impegnarsi, con rinnovate energie, a battersi per i cinquant’anni a venire.
Fonti: Repubblica.it – TibetNet