17 gennaio 2018. La catena internazionale degli hotel Marriot è stata oggetto di una dura reprimenda da parte di Pechino per aver definito Tibet, Hong Kong, Macau e Taiwan “nazioni” anziché “regioni” della Cina.
Il caso è scoppiato la scorsa settimana dopo l’invio al proprio indirizzario da parte della catena alberghiera di un opuscolo commerciale e pubblicitario in cui si chiedeva ai clienti un giudizio sull’ospitalità offerta e la “nazione” di appartenenza. La cosiddetta “gaffe” di Marriot non è sfuggita agli internauti cinesi, in particolare agli osservatori e commentatori al servizio del web cinese, che hanno chiesto il boicottaggio di tutti i 124 hotel Marriott in Cina e l’oscuramento del sito della compagnia su Weibo, l’equivalente cinese di Twitter.
Nonostante Marriott si sia immediatamente scusata per l’errore spiegando che il gruppo non sostiene il separatismo delle regioni menzionate, le autorità cinesi hanno bloccato per una settimana il sito web della compagnia e la relativa applicazione sugli smartphone. Hanno inoltre avviato un’indagine per appurare se Marriott abbia violato le leggi cinesi sulla sicurezza informatica dopo il “like” del gruppo di sostegno al Tibet Friends of Tibet comparso sull’account Twitter della compagnia. Lu Kang, un portavoce del Ministero degli Esteri cinesi, ha dichiarato il 12 gennaio che le imprese straniere, pur benvenute in Cina, devono rispettare la sovranità, l’integrità territoriale, la legge e la volontà popolare del paese.
Nell’occhio del ciclone anche la compagnia aerea Delta Airlines colpevole di aver commesso lo stesso errore per aver definito nel proprio sito web Tibet e Taiwan “paesi indipendenti”. Puntualmente sono arrivate le scuse del vettore dovute “a un involontario errore, senza alcun intento politico”. Si sono pubblicamente scusati anche i marchi Zara e Medtronic ai quali è stato ingiunto di rettificare i rispettivi siti che definivano Taiwan una “nazione”. Per mettersi al riparo da simili accuse il brand Bulgari ha preventivamente modificato i propri siti internet e le applicazioni sui telefoni mobili.
Fonti: Central Tibetan Administration – Tibetan Review