14 febbraio 2018. Una circolare diramata dalle autorità cinesi della cosiddetta Regione Autonoma ordina ai tibetani di spiare e riferire all’Ufficio di Pubblica Sicurezza ogni “attività criminale compiuta da forze separatiste”.
Il dettagliato documento elenca ventidue attività illegali oggetto di denuncia. Di queste, tre fanno diretto riferimento al leader religioso tibetano e impongono che alle autorità sia immediatamente riferita ogni azione effettuata da “bande criminali legate alle forze separatiste del Dalai Lama”. La circolare rilasciata dall’Ufficio di Pubblica Sicurezza della “Regione Autonoma” invita i tibetani a tenersi lontani dalle “forze del male” della cricca del Dalai Lama che potrebbero usare i templi e le attività religiose per “confondere e incitare” la popolazione contro il partito comunista e il governo.
Wang Xiaobin, un ricercatore dell’Istituto Cinese di Tibetologia con sede a Pechino, ha affermato che “il gruppo che fa capo al Dalai Lama continua ad interferire negli affari interni della Cina controllando i templi, le attività dei Lama e degli stessi “Buddha Viventi” nel tentativo di propagare la cosiddetta ‘via di mezzo’ che in realtà è solo un invito al separatismo della nazione ed è lesiva dei diritti del governo”. “Le forze ostili e alcuni intellettuali che affermano di voler preservare la lingua locale – prosegue Wang – tentano invece di diffondere l’idea che la lingua cinese sta minacciando la cultura tibetana, ma l’estremismo etnico è un’ideologia dalle conseguenze imprevedibili”.
La circolare, diramata in ottemperanza alle recenti direttive del Comitato Centrale del Partito contro le “attività criminali organizzate” e quanti le fiancheggiano, assicura che saranno garantiti l’anonimato e la sicurezza degli informatori.
Sul fronte della libertà di informazione segnaliamo che il 31 gennaio 2018 l’Associazione dei Corrispondenti Stranieri in Cina ha pubblicato un rapporto sulle condizioni di lavoro in cui si trovano ad operare i giornalisti soprattutto nel Tibet e nel Turkestan orientale occupati nonché in molte aree dello stesso territorio cinese. L’Associazione denuncia le crescenti difficoltà degli operatori stranieri nel settore dell’informazione il cui lavoro sta diventando sempre più difficile. Nel rapporto si afferma che, nel corso del 2017, alcuni giornalisti sono stati picchiati, arrestati e molestati. Gli articoli non graditi al governo di Pechino sono stati censurati.
Fonti: Tibet Post International – TibetNet – Phayul –