Xi Jinping presidente finché vorrà: così cambia la costituzione in Cina

25 febbraio 2018

Tutti i poteri a Xi Jinping e finché vivrà. È questo il quadro che si sta delineando in Cina. Perché il Comitato centrale del partito comunista ha proposto di rimuovere dalla Costituzione la formula che limitava a due mandati di cinque anni l’uno la carica di Presidente della Repubblica Popolare cinese. La notizia è stata data dall’agenzia statale Xinhua e non c’è da dubitare che «la proposta» verrà accolta. Xi Jinping è presidente dal marzo del 2013 e nei prossimi giorni è attesa la sua «rielezione» a presidente nel corso del Congresso nazionale del popolo che si aprirà il 5 marzo. Con questa revisione della costituzione, quando nel 2023 scadrà il suo secondo mandato, Xi potrà ricandidarsi per un terzo. Lo scorso novembre, il 19esimo Congresso del Partito ha inserito il «Pensiero di Xi Jinping» nella costituzione comunista e ora la stessa formula verrà iscritta anche nella costituzione della Repubblica. A questo punto va aggiornata l’osservazione che da tempo fanno i politologi: che questo leader ha ormai gli stessi poteri di Mao Zedong. In realtà Xi è più potente, perché ai tempi di Mao la Cina era un gigante povero, mentre ora è la seconda economia del mondo e ogni sua scelta influenza i meccanismi della globalizzazione. Ma chi è quest’uomo di 64 anni, dal 2012 segretario generale comunista, dal 2013 presidente della Repubblica popolare e della Commissione centrale militare? Finora ha mostrato almeno sei volti.

1) È stato un «giovane istruito» che nel 1968, a 15 anni, fu mandato con migliaia e migliaia di coetanei dalle città a zappare in campagna «per essere rieducato dai contadini più poveri», come ordinava la Rivoluzione culturale. Xi allora si portò dietro valigie piene di libri: i contadini che lo aiutarono a trascinarle pensarono che dentro ci fosse un tesoro. Erano volumi che lo studente-lavoratore divorava la notte, dopo aver spalato letame: lesse di tutto, da Victor Hugo a Hemingway e tre volte di seguito il Capitale di Marx.

2) Il Principe rosso: Xi è figlio di un compagno di lotta di Mao. I discendenti dei rivoluzionari della prima ora sono la nobiltà della Repubblica popolare, predestinati al potere o almeno al successo negli affari. Il futuro presidente, tornato a Pechino dopo sette anni nei campi, invece di divertirsi come fecero molti coetanei usciti dall’incubo maoista, si lanciò alla ricerca del potere politico, convinto che gli spettasse. E così ha scalato la gerarchia.

3) Il cacciatore di tigri: sotto la sua guida la battaglia anticorruzione ha punito in questi primi cinque anni 1,34 milioni di piccoli burocrati («mosche da schiacciare» le chiama Xi) e anche 280 alti funzionari a livello ministeriale o superiore («tigri da stanare», nella visione del leader). Le foto di diversi dirigenti eliminati ora sono esibite in una grande mostra a Pechino.

4) Il comandante nazionalista: Xi ama farsi vedere in mimetica tra i soldati. Sta riformando l’esercito per farne «una forza capace di combattere e vincere una guerra moderna» (parole sue). Ha anche messo a disposizione dell’Onu 8 mila Caschi blu cinesi, preparando il terreno a una nuova politica più assertiva della Cina in campo internazionale.

5) Lo statista globale e visionario: aiutato anche dall’instabilità dell’America di Trump, ha lanciato a Davos la sua idea di ri-globalizzazione; ha offerto al mondo la Nuova Via della Seta per allargare i commerci. Usa metafore affascinanti e colte, tipo «in tempi di tempesta, non bisogna rifugiarsi nel porto del protezionismo, ma navigare nel mare aperto della globalizzazione». Cita anche i classici occidentali, compreso Dante e Petrarca.

6) Il Presidente di tutto: ha accumulato una dozzina di cariche, alcune di organi statali costituiti appositamente per lui, come il Gruppo guida dell’approfondimento comprensivo delle riforme. Si è conquistato il titolo di «hexin», che significa più o meno «nucleo centrale e cuore» del Partito e quello di «lingxiu», attribuzione che fu solo di Mao ed evoca una grandezza di comando anche spirituale. E poi c’è la propaganda quotidiana, che per avvicinare il presidente al popolo rilancia l’espressione «Xi Dada», che vuole dire Zio Xi, e lo presenta mentre mangia ravioli da pochi soldi in una trattoria tra la gente.

Guido Santevecchi – Corriere della Sera

25 febbraio 2018