In costruzione nella Regione Autonoma Tibetana tre nuovi “centri di ri-educazione”

gulag of Tibet14 febbraio 2019. Immagini satellitari diffuse dal sito di informazione indiano ThePrint mostrano che nella cosiddetta Regione Autonoma Tibetana sono in fase di avanzata costruzione tre “centri di ri-educazione attraverso il lavoro”.

Nonostante Pechino continui a negarne l’esistenza, questi centri sono operativi non solo nella Regione a maggioranza uigura dello Xinjiang ma anche in Tibet. Tre nuove strutture, definite “scuole per lo sradicamento dell’estremismo” o “scuole di ri-educazione” sono infatti in fase di avanzata costruzione nella “Regione Autonoma Tibetana”. Di fatto si tratta di centri di detenzione con finalità di indottrinamento politico, veri e propri Gulag. Durante il giorno i reclusi sono costretti a lavorare a tempo pieno o parziale nelle fabbriche governative. Le immagini satellitari pervenute mostrano che i tre centri in costruzione in Tibet, sebbene non ancora ultimati, sono circondati da un doppio giro di mura. Agli angoli del più interno (e più alto) vi sono posti di guardia di forma circolare (nella foto l’immagine satellitare di uno dei centri).

Nell’ottica di rendere sempre più “cinese ” la cultura, la lingua e la religione del Tibet, anche i monasteri sono sottoposti a un rigido controllo. I nuovi centri di culto sono generalmente edificati lontano dalle città, verosimilmente per rendere più difficile il contatto dei monaci con la popolazione. Nella ricostruzione di un monastero della prefettura di Kardze, danneggiato da un terremoto nel 2012, sono state adottati criteri edili atti a garantire la massima sicurezza: gli edifici che lo compongono sono circondati da un muro perimetrale largo cinque metri al quale si aggiungono altre recinzioni esterne. In questo monastero, come in altri di recente costruzione, si notano elementi architettonici di chiara influenza cinese presumibilmente destinati ad agevolare la sorveglianza di quanto avviene al loro interno e a tenere sotto controllo i monaci sospettati di non attenersi ai diktat del Partito Comunista.

Il 10 febbraio le autorità governative della “Regione Autonoma Tibetana” hanno reso noto che nel corso del 2018 si sono occupate di venticinque casi di incitamento al separatismo e reati finanziari considerati una minaccia alla sicurezza nazionale. Il Tibet Daily, organo ufficiale del Partito nella Regione, ha reso noto che un rapporto pubblicato dall’Accademia Cinese di Scienze Sociali, classifica Lhasa al primo posto su trentotto città cinesi in materia di pubblica sicurezza. La città vanta la presenza di oltre cento stazioni di polizia ognuna delle quali è in grado di intervenire entro un minuto in seguito a chiamate di emergenza provenienti dalle zone centrali ed entro tre minuti se le chiamate provengono da altre zone. In un rapporto stilato nel gennaio 2019, il governo locale afferma che il 99% dei residenti si sente al sicuro e che il numero degli incidenti e dei morti è diminuito rispettivamente del 16 e del 21%. Il governo intende comunque adoperasi affinché nel 2019 siano mantenute la stabilità e l’armonia sociale, siano rafforzate le politiche anti-separatiste, siano colpite tutte le attività di sabotaggio e sia rafforzato il controllo delle frontiere.

Fonti: The Print.in – Tibetan Review