26 giugno 2019. Dopo una campagna di sensibilizzazione durata dieci mesi con oltre 85.000 firme raccolte, gli attivisti pro Tibet e a difesa dei diritti umani esultano per la decisione di Google di rinunciare a progetto Dragonfly.
Il 20 giugno, durante l’annuale assemblea degli azionisti, Google ha confermato di aver rinunciato alla realizzazione del “Progetto Dragonfly” con il quale il gigante del web avrebbe voluto rientrare in Cina creando un motore di ricerca a misura di regime che avrebbe oscurato immagini, link e parole chiave sgradite a Pechino quali “diritti umani”, “democrazia”, “Dalai Lama”, “Tibet”, “protesta studentesca” e altre legate al presidente Xi Jinping o alla dissidenza interna cinese. Ricordiamo che nel 2010 Google decise di uscire dal mercato cinese proprio per le crescenti ingerenze di Pechino. Con il progetto Dragonfly – che avrebbe dovuto essere operativo entro il 2019 – Google, attratta dalla vastità e dalla crescente importanza del mercato cinese, si proponeva di tornare ad operare in Cina.
La campagna condotta per dieci mesi da una coalizione di attivisti che includeva, tra gli altri, Free Tibet, Students for a Free Tibet, International Tibet Network, il Congresso Mondiale degli Uiguri e SumOfUs, ha consentito di esercitare con successo la dovuta pressione sul colosso del web ricordando ai suoi dirigenti che l’iniziativa avrebbe consentito a Pechino di giustificare le violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti della gente del Tibet, dello Xinjiang e degli stessi dissidenti cinesi.
Fonti: Phayul – redazione