Chi non festeggerà il settantennio cinese

23 settembre 2019

Tra pochi giorni, il primo ottobre, verranno celebrati a Pechino i settant’anni dalla nascita della Repubblica Popolare cinese. Canti, inni, sfilate in pompa magna. Capi di Stato e autorità internazionali chiamate a festeggiare l’epopea della Cina di Mao. Purtroppo mancheranno all’appello i circa trenta milioni (quantità dettagliatamente documentata da decine di saggi pubblicati in tutto il mondo) di morti della carestia artificiale, indotta, provocata nelle campagne cinesi dalla follia fanatica e ideologica del «Grande Balzo in avanti», nei primi anni Sessanta.

Mancherà il milione di tibetani morti ammazzati con l’invasione militare maoista del Tibet, con il contorno della distruzione sistematica di circa seimila monasteri e delle biblioteche date alle fiamme. Mancheranno i circa tre milioni di morti ammazzati durante la Rivoluzione culturale, un’epoca «buia di oscurantismo», una «campagna contro la cultura, l’istruzione e l’intelligenza che non ha paragoni nella storia del Novecento», secondo le parole dello storico marxista Eric J. Hobsbawm e che pure venne esaltata da masse di giovani occidentali inebetiti che agitavano come i seguaci di una setta il libretto rosso di Mao.

In quell’orgia delirante di estremismo ideologico, bande di «adolescenti aguzzini» seviziarono gli insegnanti mettendoli alla gogna e costringendoli a sfilare con orecchie d’asino e con cartelli con su scritto «sono un nemico del popolo». Contribuirono, indottrinati dai mandanti adulti, a popolare a milioni i laogai, i campi di concentramento e «rieducazione» cinesi destinati a gareggiare in crudeltà con il Gulag sovietico.

Lucien X. Polastron, uno specialista nella ricostruzione dei roghi di libri nella storia, ha calcolato («secondo statistiche ancora provvisorie») in circa tre milioni e mezzo i volumi bruciati dalle squadracce. Si torturava nei teatri e nelle strade. La semplice conoscenza di una lingua straniera era l’inizio della persecuzione del «borghese» contaminato con la cultura occidentale. Furono distrutti dipinti, statue, strumenti musicali. Il presidente «nemico del popolo» Liu Shaoqi fu ridotto a uno storpio per le sevizie subite e il figlio di Deng Xiaoping divenne paraplegico dal trattamento che gli fu inflitto. Loro non festeggeranno il feroce totalitarismo maoista. Molti auguri di un felice settantennio.

Di Pierluigi Battista

Corriere della Sera

23 settembre 2019