13 aprile 2020. Con la riapertura delle scuole dopo l’emergenza Covid-19 le autorità della Prefettura di Ngaba hanno reso noto che le lezioni si svolgeranno in lingua cinese.
E’ quanto riferisce lo scrittore tibetano Sangkar Nyidang in un articolo pubblicato on line il 7 aprile. “Alcuni giorni fa, al suo rientro a casa dopo una riunione convocata dalle autorità scolastiche, mia moglie mi ha riferito che con la graduale riapertura delle scuole e il contemporaneo inizio della sessione estiva la lingua cinese sostituirà quella tibetana come mezzo di insegnamento. Il tibetano sarà insegnato solo nei corsi di lingua straniera”.
Quanto riportato da Sangkar è stato confermato da Lambe, un giovane scrittore tibetano che, in un articolo postato sul web, ha scritto che il passaggio all’uso del cinese come lingua di insegnamento avverrà in due fasi: nella prima, che terminerà alla fine del corrente anno, la lingua tibetana sarà eliminata nelle scuole primarie e nelle medie; nella seconda, la lingua cinese sostituirà quella tibetana a tutti i livelli di istruzione scolastica. Il provvedimento, lesivo dei diritti delle minoranze etniche, sembra sia stato emanato dalle autorità della Regione del Sichuan, a cui appartiene la Prefettura di Ngaba, piuttosto che dal governo centrale ma è tuttavia significativo che anche nella cosiddetta Regione Autonoma Tibetana sia iniziato il passaggio all’uso del cinese come lingua di insegnamento. Le autorità sostengono che la padronanza della lingua cinese faciliterà la comprensione dei grandi cambiamenti in atto all’interno della moderna economia nazionale favorendone un’attiva partecipazione ma è evidente il tentativo di annientare l’identità culturale dei tibetani a partire dalla prima infanzia (nella foto: studenti tibetani protestano a Ngaba contro l’uso della lingua cinese come mezzo di insegnamento).
Il 6 aprile 2020 International Campaign for Tibet ha dato notizia di un documento reso pubblico alla fine del mese di marzo dalle autorità governative della “Regione Autonoma Tibetana” in cui vengono garantite ricompense in danaro di importo variabile dai 1.000 ai 600.000 yuan a chiunque fornirà informazioni sull’esercizio di ogni attività ritenuta illegale o lesiva dell’unità nazionale. Rischia di essere denunciato chi si esprime a favore di “un grande Tibet”, di un “alto grado di autonomia” o sostiene l’Approccio della Via di Mezzo diffondendo notizie, stampando o pubblicando anche on line ogni tipo di comunicazione sull’argomento. E’ considerata un crimine ogni voce critica della leadership del Partito Comunista e del sistema socialista. Sono promesse ricompense in danaro anche a quanti denunceranno chi pubblica o distribuisce anche fuori dal paese materiale inneggiante all’indipendenza del Tibet.
Fonte: Tibetan Review