24 aprile 2020. (AsiaNews). Cresce il numero dei Paesi che critica la Cina per la gestione della crisi pandemica. Germania, Francia e Gran Bretagna hanno iniziato a incalzare il regime cinese, chiedendo più trasparenza su quanto è accaduto a Wuhan, epicentro dell’epidemia. Finora gli attacchi più duri a Pechino, accusata di non dire la verità sull’origine e la diffusione del morbo, erano arrivati dagli Stati Uniti.
Spalleggiati dall’Organizzazione mondiale della sanità, i cinesi continuano a ripetere che la pandemia è un problema scientifico e non deve essere “politicizzato”. Gli europei vogliono più cooperazione dalla Cina, ma rimangono cauti sull’ipotesi che il virus si sia diffuso da un laboratorio virologico a Wuhan, tesi che invece il governo americano non scarta.
Il 20 aprile, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto ai cinesi di condividere più informazioni sul Covid-19. Pochi giorni prima, il suo ministro dello Sviluppo, Gerd Muller, aveva messo in dubbio la sincerità di Pechino sull’origine della pandemia.
In Germania, l’attacco più duro è arrivato dalla Bild. Il 15 aprile, il giornale più venduto nel Paese aveva scritto che la Cina dovrebbe pagare 150 miliardi di euro per i danni provocati dalla sua lenta risposta alla pandemia. Alle critiche dell’ambasciata cinese per questo articolo, il direttore, Julian Reichelt ha risposto attaccando le autorità e gli scienziati di Pechino, colpevoli secondo lui di aver nascosto la situazione per salvare la faccia dinanzi l’opinione pubblica interna e internazionale.
Reichelt sferza il regime cinese, che a suo dire sorveglia in modo sistematico la popolazione e chiude i giornali critici della leadership, ma poi si rifiuta di controllare e chiudere i mercati degli animali da dove possono propagarsi virus come il Covid-19 e la Sars. Si pensa infatti che il contagio possa essere partito da un mercato all’aperto di Wuhan.
Per il presidente francese Emmanuel Macron ci sono delle “aree grigie” nella gestione della crisi da parte dei cinesi: “Ci sono delle cose che sono accadute [a Wuhan] che noi non conosciamo”.
Il ministro britannico degli Esteri Dominic Raab si è spinto a dire che i rapporti con Pechino non saranno più gli stessi dopo la fine dell’emergenza: “I cinesi devono dare delle risposte su come è nata l’epidemia e su come poteva essere contenuta nelle sue prime fasi”.
William Hague, un leader della maggioranza conservatrice a Londra, dice che la Cina non gioca “secondo le regole”, e per questo non può essere un partner affidabile. Il comitato per gli Affari esteri del Parlamento britannico ha ammonito che la “campagna di disinformazione” orchestrata dai cinesi sta causando un gran numero di vittime tra i cittadini del Regno Unito.
Secondo dati ufficiali, l’Europa e gli Stati Uniti sono le aree più colpite dall’infezione polmonare. Oltre allo shock per la perdita di migliaia di vite umane, i Paesi europei e Washington devono ora far fronte alle ricadute economiche della crisi.
Il procuratore generale dello Stato Usa del Missouri ha chiesto i danni alla Cina per le perdite umane e materiali provocate dal Covid-19. Il Congresso statunitense sta dibattendo una legge che permetterebbe azioni giudiziarie di massa contro Pechino in tutti gli Stati dell’Unione. Nel frattempo anche in Italia, dove parte della maggioranza di governo ha preferito finora esaltare piuttosto che criticare l’operato cinese nella lotta al coronavirus, si muove qualcosa sul fronte giudiziario. Un albergatore di Cortina d’Ampezzo ha citato in giudizio il ministero cinese della Sanità al Tribunale di Belluno. L’accusa è di aver comunicato in ritardo le informazioni sull’infezione, provocando gravi danni alla sua attività economica.
AsiaNews – 22 aprile 2020