La nuova legge sulla sicurezza: critiche da tutto il mondo, meno che da Cuba

2 luglio 2020

Hong Kong (AsiaNews). Nel primo giorno di applicazione, la legge sulla sicurezza nazionale voluta da Pechino per Hong Kong, ha registrato un “successo”: più di 370 persone sono state arrestate alle manifestazioni per il primo luglio; di queste alcune decine erano violazioni alla legge sulla sicurezza: striscioni e canti a favore dell’indipendenza del territorio; bastone considerato un’arma di offesa “terrorista”; giornalisti che “ostacolano” l’operato della polizia.

Ma Pechino ha mietuto anche una cascata di critiche e prese di posizioni contro una legge considerata una violazione alla Carta dell’Onu per i diritti umani (che pure Pechino ha sottoscritto).

Negli Stati Uniti, la Camera dei Rappresentanti ha approvato una legge che prevede sanzioni contro individui e organizzazioni – come banche o compagnie – che hanno legami con rappresentanti cinesi del governo che minano alle libertà di Hong Kong. La legge è stata votata all’unanimità da repubblicani e democratici. La presidente della Camera, la democratica Nancy Pelosi ha dichiarato: “La legge è una brutale, radicale repressione contro la gente di Hong Kong, che mira a distruggere le libertà che erano state promesse”.

Secondo la maggior parte degli osservatori, la nuova legge distrugge il principio “Un Paese, due sistemi”, che avrebbe garantito lo stile di vita liberale di Hong Kong per almeno 50 anni, fino al 2047.

Il premier britannico Boris Johnson ha dichiarato che la nuova legge è “una chiara e seria rottura” della dichiarazione comune firmata nel 1985 fra Gran Bretagna e Cina sul futuro di Hong Kong.

La Gran Bretagna sta progettando di offrire la cittadinanza britannica a 3 milioni di residenti di Hong Kong. Anche l’Australia sta considerando di offrire rifugio a residenti di Hong Kong.

Il ministro giapponese degli Esteri, Toshimitsu Motegi, ha sottolineato che la “spiacevole” legge mette in crisi il principio “Un Paese, due sistemi”.

Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha “deplorato” la legge e affermato che essa porta “effetti negativi sull’indipendenza della magistratura e sullo stato di diritto”.

Per il Canada, la nuova legge “aumenta il rischio di detenzioni arbitrarie sulla base di questioni di sicurezza e possibili estradizioni nella Cina popolare”.

A Hong Kong, oltre alle critiche sull’indebolimento dell’indipendenza della magistratura e dello stato di diritto, si denuncia la pretesa della Cina di voler condannare violazioni alla legge che avvengono anche fuori delle frontiere di Hong Kong e della Cina. L’articolo 38 della legge, afferma che cittadini, residenti permanenti e non permanenti di Hong Kong sono perseguibili per atti di “secessione, sovversione, terrorismo, collaborazione con forze straniere” che avvengono fuori del territorio e della Cina. E si è perseguibili se tali atti avvengono anche su una nave o su un aereo registrato ad Hong Kong.

In pratica, ogni persona del pianeta può essere accusata.  Chen Ming-tong, ministro taiwanese per gli affari cinese, ha commentato: “Mi chiedo se questo è il desiderio di un impero celeste, a cui tutta l’umanità deve essere legata. Questa non è più qualcosa che dovrebbe preoccupare solo Hong Kong, o Taiwan”.

Finora Pechino ha ottenuto solo l’appoggio di tutti i suoi alleati politici ed economici. Nei giorni scorsi, a una sessione della Commissione Onu per i diritti umani, tenutasi a Ginevra, che discuteva la legge sulla sicurezza, la Cina ha ottenuto un’arringa di difesa da 53 nazioni, guidate da Cuba

Noi crediamo – ha detto il rappresentante cubano presentando la mozione dei 53 Paesi – che ogni Paese abbia il diritto di salvaguardare la sua sicurezza nazionale attraverso una legge e apprezziamo i passi compiuti in questo senso”. E ha dichiarato che “la non interferenza negli affari interni di Paesi sovrani è un principio essenziale iscritto nella Carta delle Nazioni Unite”.

Qualcosa di simile era stato espresso ieri da Zhang Xiaoming alla conferenza stampa di presentazione della legge: “Perché ci combattete?… Il tempo in cui il popolo cinese doveva far piacere agli altri è passato”.

Di Paul Wang

AsiaNews – 2 luglio 2020