26 ottobre 2020. Ieri, 25 ottobre, i tibetani in Svizzera hanno reso omaggio a Takna Jigme Sangpo deceduto nella cittadina elvetica di Turbenthal il giorno 17 del corrente mese.
Alla cerimonia commemorativa, svoltasi presso il Tibet Institute di Rikon, hanno preso parte, tra gli altri, il rappresentante dell’Ufficio del Tibet di Ginevra, Chhimey Rigzen, alcuni membri del Parlamento tibetano in esilio, il presidente e vicepresidente della Comunità Tibetana in Svizzera e numerosi profughi ivi residenti. Takna Jigme Sangpo risiedeva in Svizzera, dove aveva ricevuto asilo politico, dal 2003, un anno dopo avere completato i trentasette anni di prigionia scontati nelle prigioni cinesi, una lunghissima pena detentiva, inflittagli a più riprese, che gli è valso il riconoscimento di prigioniero politico sottoposto al più lungo periodo di detenzione e il titolo di vero eroe e patriota tibetano.
Arrestato per la prima volta nel 1960, all’età di trentaquattro anni, sotto l’accusa di “corrompere le menti dei bambini con idee reazionarie”, fu nuovamente condannato nel 1964 per avere espresso il suo pensiero sulla repressione in Tibet. Nel 1970, sorpreso mentre, attraverso la nipote in procinto di fuggire dal Tibet, cercava di far pervenire al Dalai Lama un documento sulle atrocità commesse in Tibet dai cinesi, gli furono inflitti altri dieci anni di carcere. All’età di 53 anni, Jigme Sangpo fu internato nel campo di lavoro di Nyethang, a 60 chilometri da Lhasa. Nel 1983 subì una nuova condanna a quindici anni di prigione e privato per cinque anni dei diritti politici per avere infisso all’ingresso principale del Jokhang, il più importante tempio della capitale tibetana, dei manifesti scritti di suo pugno. L’accusa fu di “incitamento e propaganda antirivoluzionaria”. Nel 1988, con la stessa accusa, la sua pena fu prolungata di altri cinque anni. Il 6 dicembre 1991, nel corso di una visita in Tibet di una delegazione svizzera, Jigme, dalla sua cella gridò forte “Free Tibet” ed altri slogan in cinese e tibetano. Le autorità carcerarie cercarono di minimizzare l’incidente dicendo agli ospiti che la voce era quella di un pazzo ma, il 4 aprile 1992, fu condannato ad altri otto anni di carcere. Avrebbe terminato di scontare l’intera pena il 3 settembre 2011, dopo 41 anni di reclusione.
A favore del suo rilascio si sono battuti per anni molti gruppi di sostegno al Tibet e organizzazioni non governative di tutto il mondo. Il governo americano e quello svizzero avevano sollevato più volte il caso di Takna Jigme Sangpo con le autorità di Pechino. Nel 2000 gli era stata più volte prospettata la libertà “per motivi di salute” ma Jigme, temendo di essere allontanato dal suo paese con il pretesto delle cure mediche, diceva di essersi abituato a vivere in carcere e di non volere essere di peso ai suoi parenti. E’ stato scarcerato il 31 marzo 2002, all’età di 76 anni, e costretto agli arresti domiciliari a casa della nipote, a Lhasa. La sua liberazione avvenne grazie all’interessamento e agli sforzi congiunti di alcune amministrazioni americane, dell’allora Dipartimento di Stato e di alcune organizzazioni non governative tra le quali la Fondazione Dui Hua (“dialogo” in lingua mandarina). Il presidente della Fondazione, John Kamm, avrebbe incontrato Takna a Lhasa il 17 giugno 2002 e si sarebbe in seguito adoperato per ottenerne l’espatrio. Su invito del governo svizzero, che assieme alla locale Swiss Tibetan Friendship Association si era strenuamente battuta per il suo rilascio, il 15 agosto 2002 Takna Jigme Sangpo arrivò a Zurigo. Trentasette anni dietro le sbarre non hanno fiaccato il suo spirito e la sua volontà di lottare per il Tibet denunciando le continue violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime cinese all’interno del paese.
Fonti: Tibet.net – redazione