17 febbraio 2021. A causa delle violenze subite è deceduto a Lhasa il 6 febbraio Kunchok Jinpa, un tibetano condannato nel 2013 a 21 anni di carcere.
L’8 novembre 2013 Kunchok Jinpa era stato condannato a 21 anni di carcere con l’accusa di avere divulgato segreti di stato per avere fornito ai media stranieri informazioni sulle proteste quell’anno avvenute nella Contea di Driru, nella cosiddetta Regione Autonoma Tibetana. Centinaia di tibetani vennero arrestati per avere pacificamente dimostrato contro l’ingiunzione delle autorità governative di issare la bandiera cinese sui tetti delle loro case in occasione del 64° anniversario della fondazione delle Repubblica Popolare. In tutta la Contea le repressioni furono violentissime e le immagini arrivate dal Tibet documentarono la massiccia presenza della polizia armata e delle forze paramilitari fatte confluire a Driru.
Kunchok, che lavorava come guida turistica, fu tra gli arrestati e i famigliari non furono informati del luogo della sua detenzione. Riferisce Human Rights Watch che il suo ultimo messaggio risale all’aprile 2013 quando, sulla piattaforma WeChat, postò questo messaggio: “Mi trovo sulla riva di un fiume. Sono circondato e guardato a vista da molti uomini, sono certo che mi arresteranno ma anche se lo faranno io non ho paura, nemmeno della morte, non ho rimpianti. D’ora in poi non potrò più fornire notizie. Se non riceverete più nulla vorrà dire che sono stato arrestato”.
Il comunicato di Human Rights Watch rende noto che nel novembre 2020 le autorità cinesi trasferirono Kunchok Jinpa, ormai in gravi condizioni, dalla prigione di Nyetang in un ospedale di Lhasa. Il 29 gennaio 2021 fu chiesto ai famigliari di donare il sangue ma non fu loro consentito di vederlo. E’ deceduto il 6 febbraio all’età di 51 anni. Ex monaco del monastero di Gom Gonsar, a Driru, nell’ottobre 1989 si era recato in India e, per diciotto mesi, aveva studiato presso il monastero di Jangchubling di Dehradun, e successivamente alla scuola del Tibetan Children’s Village di Dharamsala. Era tornato in Tibet nel 1998. Parlava fluentemente il tibetano, l’inglese, l’hindi e il cinese.
Il presidente dell’Amministrazione Centrale Tibetana, Lobsang Sangay, ha ricordato che la tragica notizia della morte di Kunchok Jinpa a causa delle torturate inflittegli nelle carceri cinesi segue di soltanto un mese quella della prematura scomparsa del diciannovenne Tenzin Nyima. “Sono centinaia i tibetani illegalmente detenuti e torturati per avere osato ribellarsi e sfidare il regime cinese”, ha dichiarato. “Chiedo alla comunità internazionale e agli organismi preposti delle Nazioni Unite di intervenire e investigare sui tanti, simili casi di detenzione arbitraria, tortura e uccisione di molti tibetani ad opera del governo cinese”.
Fonti: tibet.net – Human Rights Watch