12 aprile 2021. In seguito alla fuga di notizie sulla morte del diciannovenne monaco tibetano Tenzin Nyima, la Cina ha inviato a Wonpo un’unità paramilitare per “ripulire” le abitazioni dei tibetani.
Il 21 gennaio 2021 l’organizzazione a difesa dei diritti umani Human Rights Watch aveva dato notizia della morte di Tenzin Nyima, un monaco tibetano di soli diciannove anni appartenente al monastero di Dza Wonpo, situato nell’omonima cittadina della prefettura di Kardze nella provincia del Sichuan. Nyima era stato arrestato nel novembre 2019 assieme ad altri tre giovani monaci tibetani per aver distribuito volantini e aver gridato slogan inneggianti all’indipendenza del Tibet. La protesta, avvenuta di fronte agli uffici governativi, era stata preceduta da manifestazioni popolari non solo contro il forzato ricollocamento dei nomadi e dei residenti ma anche contro le pressioni esercitate sulla popolazione locale affinché riconoscesse pubblicamente i benefici del “Programma di Alleviamento della Povertà” posto in atto nella regione dalle autorità cinesi. Tenzin Nyima, rilasciato nel maggio 2020, era stato nuovamente arrestato l’11 agosto per aver condiviso online, anche con tibetani in India, notizie riguardanti la sua detenzione e quella dei confratelli. All’inizio dell’ottobre 2020 le autorità carcerarie lo avevano riconsegnato alla famiglia a causa delle pessime condizioni di salute dovute alle percosse e alla cattiva alimentazione: Nyima non riusciva a parlare e a muoversi, presentava gravi ferite in tutto il corpo e respirava a fatica. Ormai privo di conoscenza, era stato ricoverato il 9 ottobre presso l’ospedale di Chendu, dove, secondo un rapporto ottenuto da Human Rights Watch, i medici avevano subordinato l’inizio delle cure al pagamento di 40.000 Remibi – circa 6.000 dollari USA – chiesti ai famigliari come fondo spesa. Dopo alcune settimane, il giovane era stato dimesso perché considerato incurabile. Nel disperato tentativo di salvarlo, i parenti avevano ottenuto che fosse ammesso all’ospedale di Dartsedo da cui medici l’avevano a loro volta dimesso in quanto ormai malato terminale. Tornato a casa, Tenzin Nyima è poco dopo deceduto.
Il 7 aprile, Human Rights Watch ha reso noto che, in seguito alla fuga di notizie sul caso di Tenzin Nyima, la Cina ha inviato a Wonpo il commando denominato “Lupo Bianco”, un’unità paramilitare della polizia Armata del Popolo. Lo scorso 5 marzo, un folto gruppo di militari è arrivato nella cittadina ed è stato filmato mentre percorreva le strade portando grandi bandiere rosse. Il commando ha perquisito le abitazioni dei residenti, comprese quelle degli anziani, ha confiscato le fotografie del Dalai Lama e appeso alle pareti, al loro posto, i ritratti dei leader cinesi. I tibetani che, alla notizia dell’arresto di Tenzin Nyima avevano postato sui social media parole di preoccupazione per la sua sorte, sono stati prelevati dalle loro case. Non si conoscono i loro nomi né dove sono stati portati. Agli abitanti di Wonpo è stato ordinato di scaricare sui cellulari una app che consenta ai funzionari governativi di accedere ai loro dati personali.
Yang Mingguang, segretario locale del Partito Comunista, ha impartito dettagliate disposizioni ai monaci del monastero di Wanpo e ha ordinato alla polizia della città di rafforzare tutte le misure necessarie a garantire per il futuro la stabilità sociale. Chiunque sarà trovato in possesso di fotografie del Dalai Lama, vero bersaglio dell’intera operazione, potrà essere incriminato e dovrà restituire al governo ogni fondo assistenziale ricevuto. Nel corso di un incontro pubblico tenutosi il 17 marzo, i funzionari governativi hanno ordinato ai presenti di firmare un documento in cinque punti in cui si impegnavano a non distribuire o possedere foto del Dalai Lama, a “seguire le direttive del partito” e ad “opporsi ad ogni attività illegale”.
Fonte: tibetanreview.net