Nel tentativo di sminuirne la figura, le autorità cinesi indagano su quanto ai bambini cinesi viene raccontato in famiglia sulla figura del Dalai Lama.
Riferisce a Radio Free Asia una fonte tibetana che, nella provincia dell’Amdo, con il pretesto di valutare le condizioni di vita dei tibetani, funzionari cinesi ispezionano le abitazioni della popolazione locale chiedendo ai bambini cosa sanno del Dalai Lama e assicurandosi che i genitori non insegnino loro alcunché circa la figura del leader spirituale in esilio. Si accertano inoltre che all’interno delle case non vi siano foto del Dalai Lama, rimuovono gli altari di famiglia e chiedono che siano tolte le bandiere di preghiera appese all’esterno. Conferma un’altra fonte che, in ottemperanza ad una campagna lanciata nel 2017 nella Prefettura Autonoma Tibetana di Golog, alla popolazione locale fruitrice di sostegni governativi non è consentito possedere altari di famiglia, far sventolare bandiere di preghiera o incidere mantra buddisti su cumuli di pietre (i tradizionali “muri mani”), pena la perdita di ogni forma di sussidio. Apparentemente i funzionari governativi sembrano sincerarsi che la popolazione goda di una standard di vita confacente ma in realtà colgono l’occasione per verificare che le famiglie non posseggano foto del Dalai Lama e non parlino di lui ai più giovani.
L’interferenza della Cina negli insegnamenti che i genitori impartiscono ai loro figli e i suoi devastanti effetti è stata oggetto di severe critiche da parte di un esponente del Dipartimento della Salute del governo tibetano in esilio. “Il controllo costante esercitato dalle autorità cinesi su quanto un genitore desidera condividere con i suoi bambini può tradursi in un impatto psicologico estremamente negativo” – ha affermato il membro del Dipartimento.
Prosegue la campagna di Pechino per incentivare l’uso della lingua cinese su tutto il territorio a discapito di ogni dialetto, quale il cantonese o il taiwanese, o della lingua delle minoranze etniche quali il tibetano, il mongolo o l’idioma degli uiguri. E’ questo quanto deciso il 30 novembre dal Consiglio di Stato con l’intento di incentivare l’uso del mandarino come lingua “comune” al fine di arrivare al suo utilizzo da parte dell’85% della popolazione entro il 2025.
Fonti: Tibet.net – Radio Free Asia