Non potendo intervenire alla manifestazione ha inviato questo messaggio
Cari amici,
come purtroppo sapete il 25 febbraio scorso Tsewang Norbu, un popolare cantante tibetano di 25 anni, si è bruciato vivo davanti al Potala di Lhasa.
Onore a Tsewang Norbu e ai 157 martiri che prima di lui hanno compiuto un simile, tragico, gesto di protesta contro l’occupazione militare del proprio Paese e contro le innumerevoli brutalità dell’oppressore.
Oggi, 10 marzo 2022, ricordiamo la sollevazione di Lhasa avvenuta in questo medesimo giorno 63 anni fa. E la ricordiamo in un momento tragico per l’Europa e per il Mondo intero. Vorrei però dirvi che, se apparentemente in questo clima di guerra e “chiamata alle armi” di tutti contro tutti, il Tibet può sembrare uno scenario lontano, se pensiamo riflettiamo attentamente è invece di stringente attualità.
Perché?
Perché il popolo tibetano, la cui Nazione è invasa e colonizzata dalla Cina da oltre 60 anni, ha la forza, il coraggio, l’intelligenza politica di non rispondere alla violenza subita con una violenza uguale e contraria. Siate fieri di questa forza, di questo coraggio, di questa intelligenza politica. Il Dalai Lama, leader indiscusso di oltre sei milioni di donne e uomini del Paese delle Nevi, da decenni esorta la sua gente a lottare con le nobili armi di una rigorosa scelta non violenta che ripudia la violenza in tutte le sue forme, sia offensive sia difensive. Una lotta che si muove all’interno di un orizzonte che poggia le sue solide fondamenta sulla cultura del dialogo, sulla consapevolezza dei diritti dei popoli, sulla volontà di ascoltare le
ragioni dell’Altro e su quello che potremmo definire un “realismo etico”. Vale a dire, la capacità di avanzare proposte e soluzioni realistiche senza per questo dimenticare la dimensione etica.
Una volta, durante una delle mie conversazioni con lui, chiesi a Sua Santità cosa pensasse della famosa frase di Friedrich Nietzsche, “Quando devi combattere il ‘mostro’, il maggiore pericolo che hai di fronte è quello di comportarti come lui”. Il Dalai Lama, con la adorabile franchezza che lo contraddistingue, mi rispose che non conosceva la frase ma che la sottoscriveva parola per parola.
Quindi mi appare evidente che il “caso tibetano” sia più attuale che mai. Sarebbe di fondamentale importanza che il mondo della politica, della cultura e dell’informazione non dimenticasse la drammatica attualità del pensiero di questo Nobel per la Pace che da decenni sta indicando a tutti gli abitanti di questo esausto pianeta una strada concreta e percorribile per giungere, non solo a una positiva soluzione del dramma tibetano, ma anche ad una autentica convivenza civile e pacifica tra gli individui, i popoli e gli Stati.
Viva la lotta non violenta delle donne e degli uomini del Tibet.
Lunga vita a Sua Santità il Dalai Lama!
Piero Verni