Dure critiche a Michelle Bachelet all’indomani della sua visita in Cina

2 giugno 2022. Al termine del suo viaggio di sei giorni in Cina, Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, è stata oggetto di dure critiche da parte di organizzazioni internazionali e del Dipartimento di Stato USA.

Dopo aver annunciato che la sua visita in Cina non avrebbe non avrebbe avuto intenti “investigativi”, anticipando con l’uso di questo termine la delusione di molti e tradendo le aspettative dei popoli oppressi sotto il regime di Pechino, Michelle Bachelet, arrivata nello Xinjiang, terra in cui da anni si consuma il genocidio del popolo uiguro, ha definito la persecuzione di questo popolo “una misura volta a de-radicalizzare la società”. “Incoraggio il governo cinese a riconsiderare tutte le sue politiche contro il terrorismo e la de-radicalizzazione assicurandone la conformità agli standard internazionali in materia di diritti umani e sincerandosi che non siano applicati in modo arbitrario e discriminatorio”, ha affermato l’Alto Commissario. Nessun accenno alla situazione dei diritti umani, alla detenzione arbitraria -e provata – di un milione di uiguri e alle atrocità in atto nel paese. E’ stato rilevato da alcuni osservatori internazionali che furono gli stessi funzionari cinesi, dopo la concessione accordata alla signora Bachelet di visitare il paese, a definire la visita “un amichevole scambio di punti di vista” e non un’indagine. Parole che hanno indotto il Dipartimento di Stato USA ad affermare che le autorità di Pechino hanno manipolato l’intera visita del Commissario di fatto cancellando la possibilità di ogni riferimento alla situazione dei diritti umani (nella foto: il Ministro degli esteri cinese con Michelle Bachelet).

Michelle Bachelet non si è recata in visita in Tibet ma ne ha fatto menzione nella dichiarazione rilasciata al termine del viaggio. “E’ importante che nella Regione Autonoma Tibetana sia protetta la libertà linguistica, religiosa e culturale della popolazione e che ai tibetani sia concesso di partecipare liberamente alle decisioni riguardanti la loro vita religiosa. Ho affrontato con le autorità locali il tema dell’educazione scolastica sottolineando l’importanza che i bambini intraprendano i corsi di studio nella loro lingua restando all’interno delle loro famiglie e comunità”.

I gruppi operanti a difesa dei diritti umani hanno espresso la loro delusione per l’assenza di ogni riferimento ai più urgenti problemi del paese, degni di un’immediata attenzione. International Campaign for Tibet ha dichiarato che la visita si è di fatto trasformata in una “vittoria politica” del regime comunista. “Astenendosi dall’affrontare senza paura e con sincerità la situazione dei diritti umani in Cina, l’Alto Commissario è venuta meno al suo compito. Le sue dichiarazioni sono inaccettabili e sminuiscono il livello degli stessi diritti e il lavoro delle organizzazioni che di essi si occupano”. Il Tibet, al primo posto nell’attenzione internazionale tra i paesi oppressi dalla Cina, dal 2017 ha ceduto il passo al problema dello Xinjiang ed è successivamente divenuto il terzo e quarto della lista con l’insorgere delle questioni di Hong Kong e di Taiwan.

Alla luce della mancata denuncia da parte dell’Alto Commissario nel corso della sua visita in Cina delle repressioni contro i tibetani, gli uiguri, gli abitanti della Mongolia del sud e di Hong Kong e di altri gruppi che si battono per il riconoscimento dei loro diritti, una coalizione di oltre trenta organizzazioni ha chiesto le dimissioni immediate di Michelle Bachelet, rea di aver taciuto sulle atrocità del governo cinese sia nello Xinjiang sia in Tibet.

Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani dal 2018, Michelle Bachelet è una politica cilena, presidente del Cile per due mandati non consecutivi, prima donna a rivestire tale carica nel paese.

 

Fonti: Phayul – TSG-L