25 maggio 2023
Xi’an (AsiaNews/Agenzie) – Il Summit “Cina-Asia centrale” che si è tenuto a Xi’an il 19-20 maggio, in contemporanea con il G-7 di Hiroshima, è sembrato non tanto un contraltare rispetto ai grandi dell’Occidente riuniti in estremo Oriente, ma un avvertimento e un completamento: ci siamo anche noi, d’ora in poi il mondo andrà suddiviso in parti eque. La Cina di Xi Jinping ha esaltato la “forza tranquilla”, una forza peraltro di enormi dimensioni, che non vuole fare la guerra, ma senza la quale non si può fare la pace.
L’incontro di Xi’an sembrava quindi riecheggiare i fasti di un lontano passato, quando agli inizi del Duecento si riuniva il Grande Kurultay di Karakorum, in cui il “sovrano degli oceani” Gengis Khan riuniva i popoli turanici con quelli mongolici, per formare il più vasto impero di tutta la storia umana. L’Orda dei tartari poi invase e distrusse completamente la Rus’ di Kiev, e tra i due grandi summit delle potenze mondiale di oggi, l’unica esclusa è stata proprio la Russia di Putin, con l’onta della presenza in Giappone dell’Ucraina di Zelenskyj. I vertici non esauriscono certo l’elenco dei grandi Paesi: oltre alla Russia, Stato-canaglia per eccellenza, vi sono i persiani altrettanto isolati dell’Iran, ma anche i regni di mezzo della Turchia, del Golfo Persico e dell’India e tanti altri ancora, in ogni caso obbligati a ri-posizionarsi nel nuovo ordine mondiale.
Senza toni esasperati, la Cina è riuscita dunque a sancire di fatto l’esclusione della Russia dalle rotte politiche e commerciali, dimostrando che il suo crescente influsso in Asia centrale la svincola dai limiti geografici dell’Oriente, portandola sempre più al centro del mondo. I cinque Paesi ex-sovietici erano il “cortile posteriore” di Mosca, e oggi non soltanto si de-russificano a livello linguistico e sociale, ma accolgono a braccia aperte il grande fratello di Pechino.
A Xi’an non si è parlato di guerre o alleanze, rimaste sullo sfondo, ma si è discusso di infrastrutture e scambi commerciali. La Cina ha promesso quasi quattro miliardi di dollari di nuovi investimenti, che si aggiungono ai tanti già versati, comprandosi di fatto tutta l’area asiatica dal passato sovietico; dietro le quinte del palco, si intravedevano le regioni siberiane della Federazione russa, molto interessate all’esito delle trattative. Non si creda però che Pechino lasci completamente ai russi la sicurezza, concentrandosi solo sugli affari: gli accordi hanno parlato anche di difesa e aumento delle spese militari.
Come ribadiscono molti osservatori, il summit è soltanto un esito di anni in cui la Russia ha progressivamente ceduto il controllo economico dell’Asia centrale alla Cina. In 31 anni dopo la fine dell’Urss, è la prima volta che s’incontrano tutti insieme i presidenti di questo G-6 asiatico, ma gli intrecci tra Cina, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan sono ormai talmente fitti da rendere l’incontro quasi inevitabile e celebrativo. Ora è la Russia il “cortile posteriore” del nuovo impero asiatico: non verrà distrutta come ai tempi dei Khan, ma diventerà un vassallo fedele, pur con le sue turbolenze occidentali. I cinque leader dei “Paesi-stan” sono arrivati a Xi’an direttamente dalla parata della Vittoria sulla piazza Rossa di Mosca, dove avevano consolato Putin nella sua solitudine, essendo non più servi, ma signori.
La guerra russa in Ucraina si è quindi trasformata in una straordinaria opportunità per la Cina e i suoi alleati, distraendo Mosca dai suoi antichi domini asiatici e “offrendole spazi e possibilità mai viste prima”, come afferma il direttore del programma cinese del centro di analisi Stimson di Washington, Yuan Sun. Intanto i Paesi del G-6 asiatico sono i principali fornitori per la Russia dei microchip per computer, di attrezzature laser e vari altri articoli di importanza civile e militare, ormai inaccessibili per le sanzioni dall’Occidente, ma oggi vitali più del pane, per non cadere in una specie di Medioevo tecnologico.
Nel frattempo, il kazaco Tokaev spalanca le porte alle aziende cinesi, ai cui rappresentanti non servirà più neppure il visto d’ingresso, e ringrazia Pechino “per il sostegno alla sovranità dei Paesi dell’Asia centrale”. Uzbekistan e Kirghizistan hanno sottoscritto un accordo con Pechino per completare la linea ferroviaria che collegherà l’Oriente all’Occidente, senza più passare attraverso la Russia. La “via della seta” è anch’essa superata e reintegrata in una nuova e grande via dell’Asia centrale, il cuore pulsante del mondo futuro.
AsiaNews – 22 maggio 2023