6 febbraio 2025.
Secondo un rapporto di Human Rights Watch la Cina ha imposto ai membri della minoranza islamica uigura severe restrizioni di viaggio.
La Cina ha imposto nuove, e ancor più severe, restrizioni di viaggio ai membri della minoranza musulmana degli uiguri, diffusa nella provincia occidentale dello Xinjiang e già in passato – anche di recente – oggetto di pesanti persecuzioni che spesso passano sotto silenzio. A denunciarlo è l’organizzazione non governativa attivista Human Rights Watch (Hrw) che in un rapporto documenta la “violazione sistematica” del loro diritto di poter lasciare il Paese, riconosciuto pure a livello internazionale. In particolare, agli uiguri è vietato visitare “Paesi sensibili” con grandi popolazioni musulmane, fra i quali la Turchia, e solo in un numero limitato ed esclusivamente per affari, possono recarsi in altre nazioni tra le quali il Kazakihstan.
Secondo il rapporto, ai musulmani uiguri è vietato avere contatti o interazioni con attivisti all’estero e non è nemmeno possibile parlare “in modo critico del governo cinese”. I membri della minoranza musulmana emigrati in una nazione diversa, ma desiderosi di visitare lo Xinjiang, devono fornire uno “scopo del viaggio” e un “invito da parte di un membro della famiglia” di origine. Una fonte della comunità uiguri, il cui padre è stato interrogato al ritorno da un viaggio oltre-confine, ha raccontato a Human Rights Watch che gli è stato chiesto “chi ha incontrato, dove è andato e cosa ha detto alla gente”. “Non andavamo nemmeno nei ristoranti uiguri – ha quindi aggiunto – per evitare l’attenzione e la sorveglianza della Cina”.
Gli uiguri, cittadini di Paesi che richiedono un visto per visitare la Cina, devono affrontare una procedura di richiesta più lunga che può richiedere fino a sei mesi di attesa. Secondo Human Rights Watch, anche la partecipazione ad attività non politiche, come mandare i figli in scuole di lingua uigura o partecipare a un matrimonio in presenza di attivisti, può comportare il rifiuto di ingresso. Il rapporto è stato pubblicato nel momento in cui le autorità cinesi dichiarano invece di iniziare a permettere ad alcuni uiguri di viaggiare fuori dallo Xinjiang, anni dopo aver confiscato i passaporti di alcuni membri della minoranza etnica e averli imprigionati per “contatti” con persone all’estero. Pechino è inoltre accusata di averli perseguitati, nell’ultimo decennio, anche attraverso una campagna di detenzioni arbitrarie; accuse che la leadership nega in modo sistematico bollandole come la “menzogna del secolo”.
Secondo le Nazioni Unite la Cina, in seguito alla drammatica escalation nell’applicazione delle misure anti-terrorismo del 2017, avrebbe arrestato e detenuto oltre un milione di musulmani appartenenti alle minoranze, perlopiù uiguri. Di contro, Pechino ha sempre negato – almeno nella prima fase – l’esistenza di centri di detenzione per i membri della minoranza, per poi difenderli definendoli come “centri di rieducazione”. (Nella foto: Uiguri detenuti nei centri di rieducazione)
Fra le nazioni straniere, la Turchia è fra quelle che ha maggiori legami culturali ed etnici con gli uiguri e molti membri della comunità, in fuga dalle violazioni dei diritti umani nella regione occidentale cinese, hanno trovato rifugio fra le braccia di Ankara. Tuttavia il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan, che un tempo criticava aspramente il trattamento riservato dalla Cina agli uiguri, ha nell’ultimo periodo moderato le sue critiche, anche in seguito allo sviluppo di relazioni economiche più forti – e redditizie – con Pechino.
Alcuni uiguri hanno raccontato a Hrw che le autorità cinesi hanno permesso a una sola persona di ciascuna famiglia di viaggiare, tenendo in “ostaggio” i parenti più stretti per garantire il loro ritorno in patria. Alcuni hanno affermato che le autorità hanno richiesto loro di fornire un “garante” – spesso un altro funzionario che si spendesse per loro – prima di concedere il permesso di viaggiare o il visto di espatrio. Inoltre, il mancato rispetto delle regole mette il garante o i membri della famiglia a rischio di durissime punizioni. “Gli uiguri si trovano ad affrontare condizioni e requisiti severi se vogliono ricongiungersi brevemente o anche solo comunicare con i familiari in Cina” ha dichiarato Yalkun Uluyol, ricercatore sulla Cina di Human Rights Watch. “Poter contattare o visitare i propri cari all’estero – conclude – non dovrebbe essere un privilegio concesso a pochi uiguri, ma è un diritto che il governo cinese è obbligato a rispettare”.
Fonte: AsiaNews 4 febbraio 2025