New Delhi, 12 maggio 2011. Il nuovo primo ministro del Governo Tibetano in Esilio, Lobsang Sangay, ha reso visita ai tre attivisti tibetani del Tibetan Youth Congress in sciopero della fame a tempo indeterminato per protestare contro la repressione cinese in atto nel monastero di Kirti. Con il loro drammatico gesto, giunto ormai al 18° giorno, i digiunatori chiedono che la Cina ritiri le sue milizie da Kirti, liberi tutti i prigionieri politici e che sia consentito a una delegazione del TYC di recarsi in Tibet per verificare in loco le condizioni dei prigionieri politici.
“Sono qui per mostrare ai digiunatori la mia solidarietà, per ringraziarli a nome del popolo tibetano e per esprimere loro la nostra vicinanza” – ha dichiarato ai reporter Lobsang Sangay nel corso di una conferenza stampa indetta dopo l’incontro (nella foto). “Li conosco da molto tempo e sono a conoscenza del loro il loro impegno e della dedizione alla causa della nostra comunità”. “Stanno rischiando le loro vite per protestare contro l’occupazione del Tibet e, in particolare, contro la tragedia che si sta consumando a Kirti”. Ha inoltre fatto sapere di aver chiesto ai tre digiunatori, ai quali non è ancora arrivata alcuna risposta dalle autorità cinesi, di porre fine allo sciopero della fame.
Il Tibetan Youth Congress, di cui Lobsang Sangay è stato tra i dirigenti nel periodo dei suoi studi a New Delhi, denuncia la grave situazione venutasi a creare al monastero dove 2.500 monaci devono quotidianamente sopravvivere con scarse razioni di cibo. Denuncia inoltre l’arresto di oltre 300 monaci, trasferiti in località ignota, e di 44 laici. In data odierna è stata divulgata la notizia dell’arresto di un altro monaco, il ventunenne Lobsang Rinchen.
“Sappiamo cosa dovranno affrontare molti dei monaci arrestati” – ha dichiarato il nuovo primo ministro -, molti potrebbero subire la tortura e soffriranno terribilmente”. “I tibetani, siano essi dentro o fuori il Tibet, appartengono tutti alla stessa famiglia, siamo stati separati con la forza, non è stata una nostra scelta, e proviamo grande dolore per i nostri fratelli in Tibet”.
Lobsang Sangay, ha dichiarato di non aver avuto finora alcuna comunicazione diretta con le autorità cinesi, ma – ha aggiunto – “da parte nostra siamo pronti a negoziare con la Cina in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo”. Ha affermato inoltre che tra le sue priorità nella veste di Kalon Tripa figurano “una maggiore libertà in Tibet e il ritorno del Dalai Lama a Lhasa, il luogo che gli spetta di diritto”. Sangay, che nel suo discorso di accettazione della carica, il 27 aprile, aveva dichiarato “il Dalai Lama è la mia fonte di ispirazione e cercherò di portare a compimento i suoi obiettivi”, ha ribadito che quando la sua carica diverrà effettiva si atterrà alla politica della Via di Mezzo, la linea fissata dal governo tibetano in esilio. Ricordiamo che il nuovo primo ministro presterà giuramento a Dharamsala il prossimo 30 maggio ma entrerà ufficialmente in carica alla metà di agosto.
Fonti: The Wall Street Journal (Chinarealtimereport) – ITN