PECHINO INTENSIFICA LE MISURE DI SICUREZZA IN TIBET MENTRE CELEBRA I 60 ANNI DELLA “PACIFICA LIBERAZIONE” DEL PAESE

polizia_a_KardzeDharamsala, 29 giugno 2011. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha pubblicato il racconto di alcuni testimoni oculari presenti a Kardze nei giorni della celebrazione della festa buddhista del Saga Dawa. La narrazione, corredata da alcune foto, conferma una situazione estremamente tesa, caratterizzata da una lunga serie di manifestazioni di protesta che si sono succedute a partire dal 6 giugno e che hanno portato all’arresto di almeno 39 persone, compresi monaci e monache (nella foto, un gruppo di soldati per le vie di Kardze).

“La gente vive in un clima di paura” – ha fatto sapere un turista straniero che ha preferito mantenere l’anonimato. “Tutta la zona è pattugliata da migliaia di soldati e poliziotti in tenuta antisommossa che percorrono le strade su automezzi blindati o a piedi”. “Molti, vestiti anche in abiti civili, sostano agli incroci pronti a intervenire al minimo segno di protesta”.  L’informatore straniero ha raccontato che nel corso di uno spettacolo televisivo serale sono state mandate in onda le dichiarazioni di pentimento di alcuni prigionieri ai quali era stata estorta con la forza la confessione. “C’era anche un’anziana nomade, di circa 80 anni, venuta in città a invocare libertà per il suo paese dopo che i suoi tre figli erano stati uccisi”. Il turista ha raccontato al TCHRD che molti componenti di una famiglia di amici sono in carcere. Il padre è stato in prigione per due anni ed è stato ripetutamente torturato. Le due nipoti, due monache, sono state arrestate nel 2008 per aver scritto al Dalai Lama una lettera aperta nella quale chiedevano a Sua Santità di tornare in Tibet. Molte sono le giovani monache, poco più che ventenni, tradotte in carcere e torturate.

Il 25 giugno il governo cinese ha organizzato a Lhasa un incontro ad alto livello allo scopo di rafforzare l’apparato della sicurezza in vista della celebrazione del 60° anniversario della “pacifica liberazione del Tibet”. Alla riunione hanno partecipato i vertici dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza (PSB) e della Polizia Armata del Popolo (PAP). Facendo mostra di armi e munizioni, hanno marciato nel cortile della caserma e hanno giurato che si sarebbero adoperati per il mantenimento della stabilità sociale e per garantire la sicurezza del popolo.

Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia, che ha immediatamente chiesto a Pechino la cessazione delle limitazioni di movimento dei tibetani, ha fatto sapere che, a causa delle imminenti celebrazioni, sono state incrementare le restrizioni alla libera circolazione dei monaci sia attorno a Lhasa sia in città. “Gli alberghi e le pensioni sono controllati ventiquattro ore al giorno, gli ex prigionieri politici sono strettamente sorvegliati e non è possibile entrare a Lhasa senza un regolare permesso”.

Mostra_a_PechinoIntanto a Pechino, il 28 giugno, oltre cento diplomatici stranieri hanno visitato una grande mostra, comprendente cinquecento fotografie, più di trenta reperti antichi, opere grafiche e video clip, allestita allo scopo di magnificare le acquisizioni e i progressi in campo politico, sociale e culturale, realizzati in Tibet durante i sessant’anni di guida del Partito Comunista (nella foto un gruppo di diplomatici). Il sito in lingua inglese di Radio Cina International riporta i commenti entusiasti di diversi rappresentanti di ambasciate straniere che si dichiarano convinti dell’importante ruolo svolto dal governo di Pechino nel processo di modernizzazione del paese e nell’assicurare ai tibetani maggiore felicità e libertà.

Pietro Sferra Carini, rappresentante della Cancelleria dell’Ambasciata Italiana, ha definito un segnale di “maturità culturale” la convivenza degli Han con i tibetani. “Ritengo che il fatto che gruppi diversi possano convivere in ogni luogo sia un segno della maturità di una cultura o di un paese ed è importante rispettare i valori culturali delle popolazioni che vivono nella regione”, ha dichiarato il diplomatico italiano, evidentemente poco informato di quanto si sta consumando in Tibet. Ha inoltre affermato la necessità di una maggiore apertura del Tibet al turismo occidentale: “Il Tibet è una zona sensibile ma se un maggior numero di persone potrà visitarlo, si accorgeranno tutte che è una regione normale…”

La mostra, aperta a Pechino dal 15 giugno all’8 luglio, sarà portata anche a Lhasa dove sarà aperta al pubblico a partire dalla metà del prossimo mese.

 

Fonti: TibetNet – CRI international