LE IMMOLAZIONI DEI MONACI: LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE CONDANNA LA POLITICA DI PECHINO. I COMUNICATI DEI TIBETANI IN ITALIA E DELL’ASSOCIAZIONE ITALIA-TIBET

29 settembre 2011. Dopo l’immolazione di altri due giovani monaci del monastero di Kirti che si sono dati alle fiamme in segno di protesta nei confronti delle politiche del governo di Pechino, si levano vibranti prese di posizione da parte della comunità internazionale, di Amnesty International e delle organizzazioni dei tibetani in esilio.

In un comunicato diramato il 26 settembre, il Dipartimento di Stato americano si è dichiarato “estremamente preoccupato” per il ripetersi di episodi di auto-immolazione da parte di cittadini tibetani che chiedono la libertà religiosa e ha invitato Pechino ad autorizzare l’ingresso di giornalisti e di diplomatici nella regione sud occidentale del Tibet per monitorare la situazione. “Alla luce del continuo disagio espresso dalla popolazione tibetana della Cina, esortiamo di nuovo i responsabili cinesi a rispettare i diritti dei tibetani e a proteggere l’identità religiosa, culturale e linguistica del Tibet”, afferma il Dipartimento di Stato.

Alle dichiarazioni della diplomazia USA ha fatto eco, al Parlamento Europeo, la deputata estone Kristina Ojuland che, a Strasburgo, ha chiesto una maggiore severità da parte dell’Europa nell’affrontare la situazione dei diritti umani con la Cina. “Simili manifestazioni estreme di protesta mostrano la disperazione dei tibetani che chiedono sia libertà religiosa sia una maggiore autonomia” – ha dichiarato la parlamentare. “Questi gesti disperati mostrano anche che i tibetani si oppongono con determinazione al perdurare della violazione dei diritti umani e al genocidio culturale in atto in Tibet”.

Nel ricordare i tragici avvenimenti dei monasteri di Kirti, nella contea di Nagaba e di Nyitse, nella contea di Kardze, Amnesty International in un suo comunicato afferma che “le recenti immolazioni sono forme di estrema protesta contro la negazione della libertà religiosa e dei diritti culturali nelle aree ad etnia tibetana”. “Amnesty chiede al governo cinese di porre immediatamente fine a tali pratiche repressive e di rispettare il diritto dei tibetani alla pratica della loro religione e cultura”.

In India, un gruppo di studenti – nove ragazzi e due ragazze – sotto l’egida del Tibetan Youth Congress, ha marciato in segno di protesta dall’Università di Delhi a Jantar Mantar “per richiamare l’attenzione sulla crescente disperazione dei tibetani all’interno del Tibet”. “I tibetani sono presi di mira, tormentati, torturati e uccisi con estrema crudeltà: non possiamo ignorare questa realtà né il mondo intero può ignorarla”. Solidali con i loro coetanei anche gli studenti tibetani di Bangalore che si sono riuniti in una fiaccolata in segno di solidarietà con i due monaci.

La Comunità Tibetana in Italia ha diramato il seguente comunicato:

SI CONTINUA A MORIRE PER IL TIBET

 

Il 26 settembre 2011 due monaci tibetani diciottenni, Lobsang Kalsang (fratello di Phuntsok che si era dato fuoco il 16 marzo, 2011) e Lobsang Konchok, entrambi del monastero di Kirti, si sono dati fuoco dopo una pacifica manifestazione di protesta per sottolineare la gravità della situazione e il continuo deteriorarsi della condizione dei tibetani all’interno del Tibet a causa della pressione e degli strettissimi controlli esercitati sulla popolazione tibetana delle autorità cinesi.

Il monastero di Kirti si trova nella contea di Ngaba che è sotto assedio da 16 marzo di quest’anno.

Durante la loro pacifica manifestazione di protesta hanno gridato slogan inneggianti alla “libertà religiosa in Tibet” e “Lunga vita al Dalai Lama”, sventolando la bandiera tibetana. Negli ultimi sei mesi, è salito a quattro il numero di monaci che si sono dati fuoco in Tibet. Quattro auto immolazioni in un anno sono una testimonianza chiara della continua repressione e degli strettissimi controlli esercitati sulla popolazione tibetana dalle autorità cinesi. Da sottolineare che i funzionari cinesi stanno conducendo la “Rieducazione patriottica” forzata sui monaci tibetani. Molti agenti di polizia, soldati e agenti delle Forze speciali pattugliano l’area intorno al monastero continuamente. Tutte le attività e i movimenti dei monaci sono limitati e tenuti sotto controllo.

La comunità Tibetana in Italia sollecita il governo Italiano e la comunità Internazionale a levare una voce forte e decisa contro la brutale politica di Pechino in Tibet. Dopo questi tragici avvenimenti di auto immolazione il governo cinese risponde sempre intensificando la presenza della Polizia Armata in Tibet e la pratica diffusa degli arresti arbitrari di familiari di persone ricercate dalle autorità. Speriamo che questa terribile sequenza di suicidi in Tibet possa richiamare l’attenzione dell’intera comunità Internazionale per sottolineare la gravità della situazione in Tibet e pressare il governo cinese ad accettare l’invito di Sua Santità Dalai Lama e del governo Tibetano in esilio per l’avvio di nuovi negoziati per il futuro destino del Tibet.

I tibetani in Tibet sperano vivamente che la Sua Santità Dalai Lama ritorni un giorno Tibet e possa vivere tra il popolo tibetano mantenendo l’unica cultura tibetana. Questo è un sogno di tutti tibetani e questo sogno non va contro nessun legge. E allora, perché il mondo resta a guardare mentre i tibetani continuano a morire in Tibet? Non è giusto sacrificare i diritti umani di sei milioni Tibetani a causa di interessi economici con la Cina.

La Comunità Tibetana in Italia

COMUNICATO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIA-TIBET

26 settembre 2011. E’ di questa mattina la notizia che attorno alle 10.30, ora locale, altri due monaci del monastero di Kirti, Contea di Ngaba, si sono dati alle fiamme. Si tratta di Lobsang Kelsang e Lobsang Kunchok, entrambi diciottenni, originari della cittadina di Meyruma.

L’Associazione Italia Tibet denuncia questo ulteriore tragico episodio frutto evidente della reale situazione di oppressione e repressione che la Repubblica Popolare Cinese ha creato ormai da decenni in Tibet.

Questo ennesimo tragico gesto di due monaci poco più che adolescenti è una testimonianza drammatica che la propaganda cinese sul benessere e la felicità dei tibetani non è altro che un cumulo di falsità a cui solo i disinformati o quelli in mala fede possono credere.

Chiediamo al nuovo primo ministro del Governo Tibetano in Esilio, Lobsang Sangay, di levare una voce forte e decisa e denunciare con chiarezza la brutale politica di Pechino sul Tetto del Mondo. Chiediamo ai rappresentanti delle istituzioni italiane, al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Esteri di adoperarsi presso il governo di Pechino affinché cessino la repressione e la violazione dei diritti umani in Tibet e, in particolare, le vessazioni continue cui sono sottoposti i monaci del monastero di Kirti e le popolazioni tibetane della regione del Sichuan.

Claudio Cardelli

Presidente dell’Associazione Italia-Tibet