Dharamsala, 9 gennaio 2012. Domenica 8 gennaio un monaco tibetano si è dato fuoco a Dharlang, una città della Contea di Golok, nella regione orientale del Qinghai. È il terzo tibetano che ha sacrificato la propria vita nel giro di pochi giorni in segno di protesta contro il governo cinese in Tibet, il quindicesimo dallo scorso mese di marzo 2011. Nel febbraio 2009 si era immolato Tapey, un giovane monaco del monastero di Kirti.
Sonam Wangyal, quarantadue anni (nella foto), conosciuto anche come Sopa, era un monaco molto venerato tra la sua gente, un Tulku o, forse, l’abate di Nyanmo, il suo monastero. Prima di darsi fuoco, è salito su una collina, ha bruciato dell’incenso e ha pregato. Poi ha distribuito numerosi volantini nei quali ha scritto che si apprestava a compiere l’estremo gesto per il Tibet e per la felicità del popolo tibetano. “La gente del Tibet non deve perdere la fede e la speranza” – recitavano i volantini -.” “Certamente, un giorno i tibetani saranno felici, non devono abbandonare il sentiero della speranza”.
Ha scritto inoltre di voler rendere omaggio a tutti i tibetani morti dal 2009 per la libertà del Tibet e per il ritorno del Dalai Lama. Si è quindi cosparso di cherosene e ne ha bevuto in abbondanza tanto che il suo corpo, avvolto dalle fiamme, è letteralmente esploso. La polizia cinese, arrivata sul luogo dell’auto immolazione, ha portato via ciò che restava del povero corpo. Risparmiamo ai lettori altri macabri particolari. Poiché Wangyal era un monaco di alto rango e un venerato leader spirituale, circa 2000 tibetani si sono immediatamente radunati in una veglia di preghiera. In centinaia hanno poi marciato verso la stazione di polizia chiedendo alle autorità la restituzione dei suoi resti mortali. La polizia in un primo momento ha rifiutato la richiesta provocando l’ira dei tibetani che, riferisce Radio Free Asia, hanno reagito fracassando porte e finestre dell’edificio. Solo allora le forze dell’ordine hanno consegnato alla folla ciò che restava del monaco, la testa e parte del busto. I tibetani li hanno portati in processione per le vie della città.
L’agenzia di stato cinese Xinhua ha confermato la morte di un ex monaco tibetano che si era immolato a Ngaba, nelle vicinanze del monastero di Kirti, il 6 gennaio. Lo stesso giorno un religioso ha compiuto lo stesso gesto nel centro della città. La polizia ha disperso la folla e ha portato via il corpo ma non si hanno notizie precise sulla sua sorte. Circolano notizie contraddittorie: alcune agenzie e siti tibetani riferiscono della morte del monaco mentre il laico sarebbe ancora vivo anche se in gravi condizioni.
Fonti: Radio Free Asia – The Tibet Post International – Agenzie