TIBET IN FIAMME: ALTRI DUE CASI DI AUTO IMMOLAZIONE

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Dharamsala, 12 febbraio 2012. Tutto il Tibet orientale è infiammato da un’ondata di manifestazioni e proteste spontanee che ormai si succedono quotidianamente. In questo clima di crescente e ormai irrefrenabile tensione dobbiamo purtroppo dare notizia di altri due casi di auto immolazione: una giovanissima monaca si è data fuoco ieri, 11 febbraio, a Ngaba, a pochi giorni di distanza dall’immolazione di un monaco che ha cercato di darsi la morte il giorno 9 febbraio nella prefettura di Keygudo, contea di Tridu, nella regione del Qinghai.

La monaca, Tenzin Choedron (nella foto), di soli diciotto anni, appartiene al monastero di Mamae Dechen Choekhorling, di Ngaba, lo stesso al quale apparteneva Tenzin Wangmo, la religiosa ventenne che si era data fuoco lo scorso 17 ottobre. Alle ore 18.00, ora locale, Tenzin, gridando frasi di protesta contro il governo cinese, si è cosparsa di benzina ed è stata avvolta dalle fiamme. Testimoni oculari hanno riferito che non è immediatamente morta sul luogo dell’immolazione. Il personale di sicurezza cinese ha caricato la giovane su un furgone che si è diretto, presumibilmente, verso Barkham. Le forze armate cinesi hanno circondato il monastero, situato a circa tre chilometri da Ngaba, e ne hanno impedito l’accesso.

Il giorno 8 febbraio, Sonam Rabyang, un monaco non ancora quarantenne, si è dato fuoco nel primo pomeriggio a La, una cittadina della contea di Tridu, nella prefettura autonoma di Keygudo, Yulshul in lingua mandarina, teatro lo stesso giorno di un’imponente manifestazione di protesta. Le sue condizioni sono gravi. Come precedentemente riportato, quattrocento monaci del monastero Dzil Kar hanno dato inizio alla protesta subito affiancati da migliaia di tibetani laici non appena il personale di sicurezza cinese ha tentato di fermarli. Le proteste sono continuate per tre ore. I monaci reggevano striscioni in cui si chiedeva il ritorno del Dalai Lama e la liberazione dei prigionieri politici, compreso l’XI Panchen Lama.

Il giorno 8 febbraio la protesta è esplosa anche nella vicina Nangchen. Circa cinquecento di tibetani, seduti per terra, hanno dato inizio alla recitazione di un’antica preghiera tibetana, il “Ghangri Rawae”, che rende omaggio all’identità nazionale tibetana e auspica lunga vita al “regno del Dalai Lama”. Un breve video diffuso da Voice of America, mostra i tibetani che, vestiti in abiti tradizionali, cantano, mangiano la tsampa e augurano lunga vita al leader spirituale tibetano. Nella seconda parte del video, i tibetani lanciano in aria la tsampa in segno di offerta e gridano “Ki hi hi”, il tradizionale incitamento alla guerra. Alcuni chiedono il ritorno dall’esilio del Dalai Lama, altri gridano “vittoria al Tibet”.

Sale a tre il numero dei tibetani che si sono dati fuoco tra l’8 e l’11 di questo mese, ventitré dal marzo 2011. Nel paese vige una legge marziale di fatto. Si contano almeno una dozzina di morti caduti sotto i colpi d’arma da fuoco della polizia intervenuta con la forza per sedare le recenti manifestazioni di massa. Si temono purtroppo nuovi spargimenti di sangue e nuove violenze.

Fonti: Phayul – Global spin.blog.time