Dharamsala, 21 febbraio 2012. Il sito di notizie tibetano Phayul pubblica in data odierna la testimonianza di uno straniero che, di ritorno dal Tibet e scegliendo di mantenere l’anonimato per proteggere i suoi amici all’interno del paese, ha fornito un dettagliato resoconto sulla situazione esistente a Lhasa e sulle condizioni in cui i tibetani, monaci e laici, sono costretti a vivere. Il suo racconto, reso noto il 18 febbraio, potrebbe essere l’ultima testimonianza diretta da parte di uno straniero poiché il Tibet è ormai chiuso al turismo – anche a quello cinese – e lo resterà fino alla fine di marzo.
Riferisce il testimone oculare che Lhasa è abitata da 1.2 milioni di cittadini Han e da circa 200.000 tibetani costretti a vivere in una sorta di ghetti, circondati da mura e talvolta recintati da filo spinato, strettamente sorvegliati da militari e forze speciali. La polizia presidia le strade 24 ore su 24. Colonne di mezzi dei reparti S.W.A.T, percorrono ogni giorno le strade. Sulle torrette degli autoblindo, tre o quattro soldati tengono sotto mira i tibetani con fucili automatici.
Tutti i tibetani devono sempre portare con sé il documento di identificazione e, se residenti a Lhasa, registrarsi presso gli uffici di polizia. Sono stati istituiti 134 nuovi posti di blocco e le forze di sicurezza eseguono controlli casuali fermando sia i pedoni sia i veicoli. Le strade che portano a Lhasa sono sorvegliate e ai non residenti è impedito l’ingresso in città, soprattutto se monaci o monache ai quali viene esplicitamente chiesto di fare ritorno ai propri monasteri. Le stanze del palazzo del Potala, prima occupate da oltre trecento monaci, sono ora diventate le residenze del personale militare. Postazioni militari sono state installate anche nel monastero femminile situato nelle vicinanze del Potala.
Attorno al Jokhang, nelle strade ad esso adiacenti e in tutta l’area del mercato i soldati sono numerosissimi. Sotto sorveglianza anche i principali monasteri: Drepung, che prima ospitava dai 7.000 ai 10.000 monaci, ora ne conta solo qualche centinaio; a Sera i monaci sono circa 300, contro i 6000 che prima lo abitavano, e la polizia controlla l’intero complesso, compreso lo spazio riservato al “dibattito” filosofico. Dei 300 monaci residenti al Norbulinka, la tradizionale residenza estiva del Dalai Lama, ne resta oggi solo un esiguo numero, non più di 6 o 10 religiosi. Le stanze private del Dalai Lama sono state vendute a un uomo d’affari cinese.
Fonte: Phayul
Il numero delle auto immolazioni
21 febbraio 2012. Sono 22 i tibetani che si sono auto immolati a partire dal marzo 2011. Non è stata, infatti, confermata la notizia dell’immolazione dei tre pastori tibetani data per avvenuta lo scorso 3 febbraio 2012 a Phuwu, una località a 145 chilometri da Serthar. Si tratta di Kyarel, Tsaptai Tsering e di un terzo tibetano di cui non è mai pervenuto il nome.
Il 23°tibetano di cui è certa l’avvenuta immolazione con il fuoco, è Tapey, il monaco ventiquattrenne del monastero di Kirti immolatosi a Ngaba il 27 febbraio 2009 e deceduto all’istante.
Gli eroi tibetani sono quindi, ad oggi, 23. Di questi, 15 sono i morti accertati.