Rinnovato il direttivo dell’Associazione Italia-Tibet. Un messaggio dal nuovo presidente.

Rimini, 15-16 Novembre 2008. Si è tenuta a Rimini e giorni 15 e 16 novembre 2008 l’Assemblea dei Soci dell’Associazione Italia-Tibet, chiamata ad eleggere il direttivo per il triennio 2008 – 2011.
Questa la nuova composizione del Consiglio:
Claudio Cardelli (Presidente), Fausto Sparacino (Vicepresidente), Marilia Bellaterra (Consigliere), Günther Cologna (Consigliere), Stefania Marchesini (Consigliere), Luciano Michelozzi (Consigliere), Roberto Pinter (Consigliere).
A Günther Cologna, che ha lasciato la presidenza dopo due mandati, i ringraziamenti dell’Associazione Italia-Tibet per la dedizione e l’impegno profusi nell’incarico.
Il neo eletto Presidente, Claudio Cardelli, da lunghi anni strenuo e appassionato sostenitore della causa tibetana, rivolge ai Soci e agli amici il seguente messaggio:
AGLI AMICI DELL’ASSOCIAZIONE ITALIA-TIBET
Cari amici dell’Associazione Italia-Tibet,in questi giorni senza dubbio cruciali per il futuro del Tibet, ci siamo riuniti per rinnovare il consiglio direttivo della nostra Associazione. Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno partecipato e che mi hanno onorato, unanimi, del loro consenso e della loro fiducia.Ho visto nascere l’Associazione Italia-Tibet e assieme a tanti di voi ho vissuto in questi anni alcuni momenti esaltanti che mi hanno fatto sperare se non nella vittoria, almeno in un cambiamento, in un passo in avanti positivo per il Popolo del Tibet. Non è stato così. Non possiamo però affermare che nulla è stato ottenuto. E certamente il lavoro fatto da tutti noi alla fine darà i suoi frutti. Non posso non rivolgere un pensiero a Vicky, Piero, Carmen, Nanni e a tutti gli altri amici con cui abbiamo costruito giorno dopo giorno la credibilità, il rispetto e la stima di cui l’Associazione gode tra i tibetani, in Italia, e tra i support group nel mondo. E possiamo certamente affermare che, grazie anche al nostro contributo, il livello di sensibilità e solidarietà per la causa Tibetana non è mai stato così intenso e sentito. Purtroppo, la grande popolarità dell’argomento fa sì che talvolta si levino voci dissonanti, provenienti da personaggi faziosi, in mala fede o desiderosi di farsi notare ai quali non possiamo che rispondere, all’occorrenza, con equilibrio e competenza.A rendere più complessa la gestione della causa del Tibet contribuiscono inoltre segnali a volte contraddittori che ci giungono dallo stesso mondo tibetano. La situazione è del tutto comprensibile, alla luce delle vicende storiche del Tibet e del particolare rapporto che tradizionalmente ha legato i tibetani alle loro istituzioni e al loro leader. Credo che il processo di democratizzazione del Tibet sarà lungo e complicato e dovremo cercare in ogni modo di agevolarlo e sostenerlo. Recentemente, Sua Santità il Dalai Lama, con l’auspicato intervento del 25 ottobre 2008, ha in qualche modo incoraggiato la sua gente a esprimersi con maggiore serenità e senza condizionamenti sui temi cruciali della rivendicazione dell’autonomia o dell’indipendenza. Ritengo che il compito della nostra Associazione sia di sostenere quello che i tibetani decideranno, possibilmente in modo libero, per il loro destino, e non quello di impartire lezioni, se non addirittura direttive, per una strategia politica che essi soli hanno il diritto di decidere.

Quando è iniziato il mio impegno per il Tibet, in Italia c’erano solo quattro o cinque rifugiati tibetani, quasi tutti monaci, e nessuno di loro conosceva una parola d’italiano. Si limitavano a raccontare le vicende subite e sofferte dal loro paese. La loro appassionata testimonianza ci commosse e fu alla base della nostra amicizia e simpatia nei loro confronti. Ora abbiamo una comunità tibetana numericamente importante e ben organizzata, con esponenti che parlano perfettamente la nostra lingua e che fanno del tema politico il loro interesse principale. E’ nostro dovere assisterli, incoraggiarli e renderci disponibili, con le nostre competenze e le nostre risorse, a tutte quelle azioni, iniziative, battaglie, che decideranno di intraprendere nello spirito della non violenza, elemento fondante della lotta dei tibetani.
Non credo che andremo incontro a un periodo facile. Le dimostrazioni del marzo 2008 sono state un segnale inequivocabile dei sentimenti e del coraggio dei tibetani nel Tibet occupato. A dispetto di tutte le previsioni ci hanno fornito la prova provata che non c’è alcuna rassegnazione e abdicazione alla causa della Libertà per il Tibet. Il loro sacrificio e la loro temerarietà nell’affrontare l’occupante cinese sono stati il fattore principale di quell’atmosfera di imbarazzo e, consentitemi, di vergogna che hanno provato tutti coloro che hanno voluto o dovuto partecipare alle Olimpiadi più infami della storia. Sono fermamente convinto che Pechino nel tempo guarderà all’atteggiamento avuto in questo frangente e nei confronti della disponibilità del Dalai Lama come a un’occasione perduta. L’aver intimato al governo indiano di impedire il meeting in corso a Dharamsala è l’ultima ciliegina che il regime cinese ci ha voluto regalare per non farci dimenticare che le possibilità di dialogo, autonomia e riconoscimento dei diritti fondamentali sono meno di zero. E’ con questo “non” interlocutore che ci dobbiamo confrontare.

Oggi tutto il mondo guarda alla Cina. Molti con preoccupazione, altri per il proprio interesse. I più la vedono solo attraverso i prodotti che ogni giorno invadono le nostre case e le nostre strade, inondate da un’ingannevole dovizia di merci a buon mercato. Al di là delle considerazioni di carattere economico, ritengo sia nostro dovere batterci affinché anche il governo di Pechino comprenda l’universalità e l’inalienabilità di quei valori fondamentali di democrazia e libertà alla base della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e sia chiamata a rispettarli da tutte le nazioni che pongono questi valori alla base della loro carta costituzionale.

Colgo l’occasione per ringraziare calorosamente il presidente uscente, Günther Cologna, per il prezioso lavoro svolto nel lungo arco del suo incarico e per aver dato la sua disponibilità a rimanere nel consiglio. Ringrazio i consiglieri uscenti, Marco Vasta, Stefano Dallari e, ancora, Vicky Sevegnani, ed esprimo un caloroso benvenuto alle “new entry” Stefania Marchesini, Luciano Michelozzi e Roberto Pinter. A tutti i soci rinnovo la mia gratitudine per la fiducia accordatami e riaffermo l’impegno ad adoperarmi per la libertà del Tibet, per promuovere l’armonia tra coloro che la sostengono (che il dialogo ci sia, almeno tra di noi…) e per favorire la cooperazione in progetti di sostegno umanitario, culturale e sanitario a beneficio delle comunità tibetane in India e, perché no, spero, anche per i tibetani in Tibet. A tutti, il mio saluto e l’augurio di buon lavoro,

Claudio Cardelli