TIBETAN SHADOWS

di Claudio Cardelli

Anno: 2008

Editore: Mediane Edizioni, Milano

Pagine: 280 (fotografie: 140)

Lingua: Italiano e inglese

Prezzo: 25 €

Abstract: Racconto, tra parole e immagini, dei viaggi nei territori himalayani. Prefazione di Piero Verni.

Presentazione del libro (di Elio Marini): “La “luce” del Tibet, della sua particolare forma di buddismo, della sua originale, strana ed arcaica cultura immutata per secoli, si è irradiata fino ad aree geografiche lontanissime dai confini del “Tibet Nazione” così come si presentava alla vigilia dell’invasione cinese, nell’ottobre 1950. Ovverosia un paese grande più o meno come l’Europa occidentale. Ma dalle pendici himalayane alla Mongolia e fino alle steppe della Siberia,  nelle regioni del lago Baikal, o dalle foreste intricate dello Yunnan ai deserti pietrosi del Ladakh,  la “luce” tibetana permeava anche l’esistenza di milioni di devoti non propriamente tibetani. Essi riconoscevano il Budda incarnato nel suo principio della compassione, Chenresi, nei Dalai Lama, pontefici e sovrani di un popolo arrivato alle soglie dell’era atomica rinchiuso volontariamente in un universo interiore e un sistema sociale tanto complessi quanto contraddittori e affascinani. L’invasione dell’esercito di Mao ha spezzato una specie di strano incantesimo che proteggeva il Paese delle Nevi riportandolo alla cruda realtà: quella di un pianeta a pezzi dopo una guerra mondiale e in cui gli equilibri geopolitici più importanti erano saltati. L’arcaica, e un po’ ottusa, visione del mondo di un clero troppo occupato nelle piccole e meschine faide di potere in attesa della maggiore età dell’allora sedicenne Dalai Lama, lasciò il Tibet senza alcuna speranza di fronteggiare il poderoso e fanatizzato esercito di Mao “ Tibetan Shadows” è un resoconto, tra parole e immagini, dei piu significativi viaggi dell’autore nei paesi himalayani e nel Tibet occupato.”

Quando oltre trent’anni fa Claudio Cardelli iniziava le sue esperienze in questi mondi, allora ancora molto lontani, la situazione tibetana era un argomento per una “elite” divisa per lo più tra accademici e figli dei fiori. Con la sola eccezione della popolarità del libro di fantasia “Il Terzo Occhio”, le letture sul Tibet e i paesi himalayani si recuperavano nelle bibblioteche pubbliche o in quella di qualche particolare  appassionato. La vicenda della fuga in India del Dalai Lama, instancabile ambasciatore della causa dopo l’occupazione del Tibet da parte della Cina, e la conseguente diffusione in occidente di tanti lama e rifugiati tibetani, assieme alla crescente popolarità del buddhismo tibetano, hanno dato alla vicenda del Tetto del Mondo una popolarità straordinaria. Purtroppo questa popolarità non è stata portatrice di un miglioramento significativo della situazione nel Tibet occupato. Al contrario Pechino sembra più che mai intenzionata a non cedere di un millimetro nella sua implacabile sordità e cecità verso il problema del Tibet.

“…Le  luci si sono dunque tramutate in ombre e le “Ombre del Tibet” e delle sue tristi vicende recenti ora pervadono i cuori e gli sguardi dei profughi tibetani in India, in Nepal ma anche in Europa, negli USA. Allo stesso modo inquietano le coscienze di noi occidentali, divisi fra un sogno illusorio di una “peace and love” tardo hippie, di libertà e diritti umani conquistati con la non violenza gandhiana, a cui tanto si rifà il Dalai Lama, e i fatalismo cinico della realpolitik, che ci dice che contro i potenti interessi economici attorno alla Cina nessuno può nulla. L’ostica relazione dell’Occidente con il misterioso Tibet del secolo scorso è divenuta oggi una consuetudine infarcita di seminari, iniziazioni, mandala di sabbie colorate, in ogni dove. Da un impenetrabile isolamento, il mondo tibetano è divenuto dunque una presenza quasi familiare per una umanità inquieta e alla ricerca di nuovi riferimenti interiori”.

Ma il viaggio dell’autore, nel tempo degli ultimi tre decenni e negli sconfinati spazi dove ancora vive gran parte della gente legata a questa cultura e a questa visione del mondo, ci restituisce il lato emozionale e struggente di un innamoramento per questo popolo a cui Cardelli rimane fedele da sempre. Attraverso le  belle e originali immagini, non retoriche ma eloquenti, e il racconto asciutto ed efficace più che dello scrittore del “descrittore”, Claudio Cardelli ci lascia con questo libro una straordinaria testimonianza di una conoscenza vera, di un rapporto d’amore e di un impegno profondo per il popolo del Tibet.