27 aprile 2012 (AsiaNews). Le autorità cinesi “stanno commettendo un genocidio culturale” in Tibet tramite politiche che gettano i presupposti per la completa, sistematica distruzione del popolo tibetano. Lo scrive in un lungo rapporto International Campaign for Tibet, un’organizzazione non governativa che monitora la situazione della regione. Nel testo gli autori chiedono alla comunità internazionale di “agire con rapidità” per interrompere la repressione in atto.
Le restrizioni cinesi comprendono il divieto di insegnare la lingua e la religione tibetana, l’imposizione di politiche di sviluppo inappropriate, tutte a favore dell’etnia han e attacchi continuati e di diverso tipo all’élite culturale e intellettuale del Tibet. Secondo il testo – intitolato “Sessant’anni di dominio cinese: verso il genocidio culturale in Tibet” – i tibetani “sono sottoposti a discriminazioni continue a causa della loro etnia, religione e credo politico”. Nella foto la protesta di 3000 tibetani a Zogchen, nel Tibet orientale, il 25 aprile.
A sostegno delle proprie tesi, gli autori citano il rapporto pubblicato nei primi anni Sessanta del secolo scorso dalla Commissione Internazionale dei Giuristi, un gruppo di eminenti avvocati e giudici con base a Ginevra, che analizzarono il Tibet post-invasione da parte dell’Esercito di liberazione popolare. I giuristi scrissero all’epoca che “i comunisti mettono in atto in Tibet degli atti di genocidio, nel tentativo di distruggere i tibetani come gruppo religioso”.
Il più importante (e pericoloso) tentativo di distruzione della cultura tibetana operato da Pechino riguarda la distruzione del buddismo locale, guidato dal Dalai Lama. La Cina ha rapito nel 1995 Gedhun Choekyi, il Panchen Lama, seconda autorità religiosa tibetana, riconosciuto dal Dalai Lama, sostituendolo con Gyaincain Norbu, un proprio burattino.
A tre giorni dal compleanno del vero Panchen Lama, che ha compiuto 23 anni il 25 aprile e vive sin dal rapimento in una località segreta, Norbu è stato inviato dalle autorità comuniste a Hong Kong per partecipare al Forum mondiale del buddismo. È la prima volta che il giovane, molto contestato dai fedeli, si sposta dalla Cina continentale. Il suo intervento al Forum è stato incentrato sulla “armonia nella società”, ovvero il leitmotiv del presidente comunista Hu Jintao.
Il 25 aprile, un addetto stampa dell’Ambasciata cinese a New Delhi ha dichiarato a un redattore del sito tibetano Phayul che Gedhun Choekyi Nyima, l’XI Panchen Lama, “si trova nella Cina continentale con la sua famiglia e non vuole essere disturbato”. Interrogato sui motivi per i quali il Panchen Lama non desidera essere disturbato, l’addetto – che ha voluto mantenere l’anonimato – non ha dato una risposta diretta e ha invece accusato il Dalai Lama di “distorcere la verità”.
Il 24 aprile il governo indiano ha ritirato tutte le accuse presentate in dicembre contro il Gyalwang Karmapa, Ogyen Trinley Dorje. Le autorità dello Stato dell’Himachal Pradesh avevano aperto un’inchiesta contro il religioso per “cospirazione” e “truffa”, ma molti avevano visto dietro le accuse la mano di Pechino, che cerca di spezzare la continuità religiosa del buddismo tibetano.
Alla fine del 2011, grazie a una soffiata anonima, gli agenti di polizia locale avevano perquisito il monastero di Gyuto a Dharamsala, dove risiede il 26enne leader del “sentiero del Diamante”. All’interno avevano trovato circa 1 milione di dollari in varie valute, comprese gli yuan cinesi: la scoperta aveva fatto gridare allo scandalo e diversi media indiani avevano definito il Karmapa “una spia al soldo della Cina”.
Subito dopo il sequestro, il leader religioso aveva ammesso la presenza del denaro ma aveva specificato che si trattava di “donazioni”, che arrivano da ogni parte del mondo. “Sono pronto ad ammettere che qualcosa è andato storto nella gestione finanziaria di questi fondi, ma non me ne sono mai occupato personalmente”- aveva dichiarato. “Il mio ruolo è del tutto religioso, non affronto queste questioni”.
S. P. Singh, dirigente del ministero dell’Interno statale, dice: “Abbiamo deciso di ritirare tutte le accuse. La polizia e gli investigatori governativi hanno fatto molto bene il proprio lavoro e non hanno trovato alcuna prova reale per portare avanti un’indagine”. Soddisfazione anche da parte dello staff della 17esima reincarnazione del Karmapa: “Abbiamo sempre avuto fiducia nella giustizia indiana, sapevamo che Sua Santità non sarebbe stato coinvolto”.
Riconosciuto sia da Pechino sia dal Dalai Lama, il giovane Ogyen Trinley Dorje è molto amato dai suoi fedeli. Dopo una rocambolesca fuga, a 14 anni ha lasciato il Tibet per raggiungere la diaspora tibetana in esilio. Da allora si è dedicato in maniera esclusiva all’insegnamento religioso, ma negli ultimi anni ha iniziato ad affiancare il 76enne Nobel per la Pace in alcuni interventi su questioni pubbliche e politiche.
Fonti: AsiaNews – Phayul