PROSEGUE LA DRAMMATICA SEQUENZA DELLE IMMOLAZIONI: QUATTRO NUOVI CASI NELLA SOLA GIORNATA DI OGGI

Tamdin_Tso

7 novembre 2012. Tamdin Tso, una nomade ventitreenne, madre di un bimbo di soli cinque anni,  e tre giovanissimi monaci del monastero di Ngoshul, nel distretto di Ngaba, si sono dati fuoco oggi, vigilia del Congresso del Partito Comunista. Tamdin Tso si è data fuoco ed è morta nelle vicinanze di Rongwo, contea di Rebkong (Amdo). Tamdin ha prelevato la benzina da una motocicletta, l’ha cosparsa sulle sue vesti e si è data alle fiamme invocando il ritorno del Dalai Lama in Tibet.

Tamdin Tso (nella foto) è morta a Dro Rongwo, nei pressi del pascolo dove svernava con la sua famiglia, attorno alle 17.30, ora locale. I monaci del vicino monastero di Dowa hanno restituito ai parenti i resti carbonizzati del suo corpo. Appena saputa la notizia, oltre duemila tibetani si sono radunati chiedendo a gran voce il ritorno del Dalai Lama in Tibet e recitando preghiere.

Erano tre teenager i monaci del monastero di Ngoshul, situato a 12 chilometri dal distretto di Ngaba, di cui è giunta conferma dell’auto immolazione. Sono stati identificati come Dorjee (quindici anni), Samdup (sedici anni) e Dorjee Kyab (sedici anni). Si sono dati fuoco di fronte alla locale stazione di polizia. Sembra che Dorjee sia deceduto. Samdup e Dorjee Kyab sono stati ricoverati all’ospedale di Ngaba dal personale di sicurezza cinese.

Dall’esilio indiano, un monaco in contatto con i connazionali all’interno del Tibet ha fatto sapere che, prima di darsi fuoco i tre martiri tibetani hanno gridato slogan a favore della libertà del Tibet e del ritorno del Dalai Lama. L’intero distretto di Ngaba è ora strettamente presidiato dal personale di sicurezza e sono state imposte severe limitazioni alla libertà di movimento della popolazione locale.

I tre monaci sono i più giovani tibetani che hanno cercato la morte come atto estremo di protesta contro l’occupazione del Tibet. Con le quattro immolazioni odierne sale a 67 il numero dei martiri tibetani che hanno sacrificato le loro vite all’interno del paese e la spirale delle immolazioni sembra non avere fine. Inascoltati gli appelli a non sacrificare le loro vite lanciati dall’Amministrazione Tibetana e dallo stesso Dalai Lama che dal Giappone, dove si trova in questi giorni, ha dichiarato che Xi Jinping, che il XII Congresso del Partito designerà alla carica di nuovo presidente cinese, non avrà altra scelta se non quella di operare riforme politiche. Ma Pechino sembra non ascoltare gli appelli, da qualsiasi parte provengano. In risposta alle richieste avanzate la scorsa settimana dall’Alto Commissario ONU per i diritti umani, Navi Pillay, un portavoce del ministero degli esteri cinesi ha ribadito che le immolazioni vengono fomentate dalla cricca del Dalai Lama e ha parlato di interferenze straniere negli affari cinesi alle quali Pechino si oppone fermamente.

Fonti: Free Tibet – Phayul