UN RAGAZZO TIBETANO MUORE PRIMA DI DARSI FUOCO: AVEVA INGERITO DEL VELENO PER NON CADERE VIVO NELLE MANI DEI CINESI

Jigey_Kyab

Dharamsala, 24 gennaio 2013. Jigjey Kyab, un ragazzo tibetano di soli 17 anni è stato trovato morto a Luchu, sabato 19 gennaio, con il corpo cosparso di kerosene e due fiammiferi in mano. Non è riuscito a portare a compimento il suo atto estremo di protesta perché, prima di darsi fuoco, ha ingerito del veleno nel timore di cadere vivo nelle mani dei cinesi.

La notizia della sua morte per avvelenamento, arrivata solo oggi, è stata confermata da un ex prigioniero politico tibetano che attualmente vive a Dharamsala. I tibetani preferiscono la morte certa all’eventualità di essere catturati ancora vivi dalle forze di polizia cinesi e subirne i maltrattamenti sia fisici sia verbali.

Il giorno stesso del suo tentativo di autoimmolazione, Jigjey ha scritto di suo pugno un messaggio in cui esorta i tibetani alla ribellione contro il giogo di Pechino. “Prego che le mie aspirazioni possano realizzarsi” – scrive il ragazzo – “Se siete i figli di vostra madre, insorgete; figli della Terra delle Nevi, ribellatevi; cantori della Terra delle Nevi, insorgete; possa Sua Santità il Dalai Lama vivere per migliaia di eoni; il mio rispetto al Leone delle Nevi”. Ai suoi genitori si è così rivolto: “Padre e madre, spero che abbiate cura di voi stessi, siete le persone più amabili del mondo; vi ripagherò di tutte le vostre gentilezze nella prossima vita”.

Jigjey Kyab è stato cremato tre giorni dopo la sua morte. La famiglia è stata a lungo interrogata dalla polizia che lo ricorda come un ragazzo obbediente ed educato, con un forte sentimento di patriottismo e ammirazione per coloro che si sono auto immolati. Sale a novantanove il numero degli eroi tibetani, numero ormai vicinissimo alla fatidica soglia dei cento che, secondo alcuni attivisti, è ormai stata raggiunta e superata con la morte di Thubten Nyandak Rinpoche e di sua nipote Ani Atse morti il 6 maggio 2012 nel sospetto incendio doloso della loro abitazione nei pressi di Dartsedo.

Alla luce del drammatico proseguire dei casi di autoimmolazione e della tragica situazione in cui versa il Tibet, il Sikyong (capo del governo in esilio) Lobsang Sangay ha chiesto ai tibetani di annullare i festeggiamenti che abitualmente accompagnano la celebrazione del capodanno tibetano che quest’anno cade il giorno 11 febbraio. “Vi chiedo di celebrare solo le cerimonie religiose, visitare i templi e fare le offerte” – scrive il Sikyong in un comunicato. “Indossate la chupa (l’abito tradizionale tibetano) per mostrare la vostra identità culturale e pregate per tutti quelli che hanno sacrificato le loro vite e che continuano a soffrire nel Tibet occupato”.

L’Amministrazione Centrale Tibetana ha rinnovato il suo appello a tutti i tibetani e ai sostenitori della causa tibetana a fare del 2013 l’”anno si solidarietà con il Tibet”. Migliaia di tibetani si riuniranno a New Delhi dal 30 gennaio al 2 febbraio per partecipare alla campagna promossa dal governo in esilio. Allo stesso modo, il prossimo 10 marzo 2013, 54° anniversario dell’insurrezione di Lhasa, si terrà a Bruxelles un grande raduno europeo al quale prenderanno parte, assieme ai gruppi si sostegno, i tibetani di tutta Europa.

Fonte: Phayul