Madrid, 11 ottobre 2013. Con una sentenza pronunciata il 9 ottobre, la Suprema Corte Nazionale spagnola ha accettato di aprire un’inchiesta contro l’ex presidente cinese Hi Jintao con l’accusa di genocidio contro il Tibet e contro la nazione tibetana. La decisione della Corte è l’ultimo atto di un lungo procedimento iniziato nel 2005 dal gruppo spagnolo di sostegno al Tibet Comité de Apojo al Tibet (CAT) e dalla Fundacion Casa del Tibet di Barcellona presieduta da Thubten Wangchen.
La Corte ha fatto proprie le argomentazioni dei richiedenti ed ha incluso Hu Jintao nella lista di quanti si sono macchiati di genocidio con esplicito riferimento a tutti i crimini denunciati dagli attivisti spagnoli all’inizio del processo, incluso il massacro seguito alle proteste dei tibetani del 1989. Nel 2005 gli attivisti chiesero alla Corte Nazionale – in grado di giudicare i crimini contro l’umanità anche al di fuori del territorio spagnolo sulla base di una competenza riconosciutale dalle Nazioni Unite anche se, dal 2009, limitata ai casi che coinvolgono cittadini spagnoli – l’incriminazione di sette leader cinesi, inclusi l’ex presidente Jiang Zemin e l’ex premier Li Peng, per i crimini contro l’umanità commessi dal governo cinese in Tibet.
Il 6 settembre 2005 la Corte respinse le istanze dei richiedenti per “insufficiente connessione nazionale”. L’11 giugno 2013 la Corte respinse in fase di appello – per “mancanza di prove” – la richiesta del CAT di includere nel processo anche l’ex presidente Hu Jintao. Dopo il nuovo ricorso in appello in data 29 luglio 2013, la Corte Nazionale, con la sentenza del 9 ottobre, ha finalmente accettato di aprire il caso alla luce del fatto che uno dei richiedenti, Thubten Wangchen, è cittadino spagnolo.
Nel rispondere ai numerosi messaggi di congratulazione per l’importante risultato conseguito, il CAT ricorda tra l’altro: “Desideriamo cogliere questa opportunità per ricordare le vittime tibetane e le loro famiglie, dentro e fuori il Tibet e dentro e fuori le prigioni cinesi, in particolare Palden Gyatso e Takna Jigme Sangpo il cui coraggio ed esempio ci ha ispirato fin dall’inizio e ci ha sostenuto nel corso di questi anni. In particolare vogliamo ricordare la nostra amica Claude Levenson (deceduta nel dicembre 2010 – NdR), fonte di ispirazione e sostegno, che senza dubbio oggi ci sta guardando. Dedichiamo il nostro successo non solo alle vittime ma anche alle migliaia di “combattenti per la libertà”, alla memoria di tutti coloro che si sono autoimmolati, dentro e fuori il Tibet e a tutti quelli che rischiano la loro vita e la loro libertà nella passività della comunità internazionale che con il suo silenzio si fa complice del genocidio”.
La sentenza della Corte Nazionale spagnola assume un particolare rilievo anche in considerazione del fatto che il 22 ottobre 2013, l’Universal Periodic Review (UPR), un organismo all’interno del Consiglio per i Diritti Umani che esamina l’aderenza degli Stati membri ai doveri e agli impegni assunti nel campo dei diritti umani, prenderà in esame la posizione della Cina.
Fonti: Tibetanpoliticalreview.org – Phayul – ITN