11 maggio 2014. I tibetani di Gewa, un villaggio della Contea di Zogang, nella parte orientale della cosiddetta Regione Autonoma Tibetana, si sono riuniti davanti agli uffici governativi della vicina cittadina di Tongbar per protestare contro l’inizio dei lavori di apertura di una miniera d’oro chiedendo l’immediata cessazione di ogni attività.
Alcuni giorni prima, il 7 maggio, Phakpa Gyaltsen, un tibetano di 32 anni, si è tolto la vita in segno di protesta lanciandosi dal tetto di un edificio. Aveva fatto sapere di voler compiere un gesto che esprimesse l’opposizione di tutta la Contea alle attività minerarie. Dalla sommità dell’edificio aveva invocato libertà per il Tibet. Quando i funzionari governativi hanno cercato di fermarlo, Phakpa si è lanciato nel vuoto dopo essersi inflitto due pugnalate. E’ morto sul colpo. Un altro tibetano, Rinzin, ha cercato di pugnalarsi a morte dopo essere salito sul tetto dell’abitazione di Phakpa dove i famigliari erano riuniti per ricevere le visite di condoglianze di parenti e amici: è stato fermato dagli agenti di polizia e trasferito nel vicino ospedale.
Le manifestazioni di protesta dei tibetani non hanno per ora fermato il progetto cinese i cui lavori sono iniziati circa due mesi fa. Ai tibetani era stato fatto credere che il progetto riguardasse la costruzione di una diga ma la popolazione locale, intuito l’inganno, ha deciso di boicottare l’opera presidiando con turni di guardia l’intera area interessata agli scavi. A nulla è valsa l’offerta compensativa di 10.000 Yuan ad ogni famiglia. I tibetani, come già accaduto in diverse parti del Tibet, si oppongono alle attività minerarie ritenute lesive dell’integrità e della sacralità del loro territorio e fonte di migrazione nell’altopiano di nuovi lavoratori han. Nella foto: Protesta contro le estrazioni minerarie a Dharamsala (India – 2009).
Il Primo Ministro norvegese non incontra il Dalai Lama
Cedendo alle pressioni della Cina, il Primo Ministro norvegese Erna Solberg ha rinunciato ad incontrare il Dalai Lama arrivato a Oslo il giorno 8 maggio. “Da anni i nostri rapporti con la Cina sono difficili”, ha cercato di giustificarsi Solberg. Di fatto, Pechino ha interrotto le relazioni commerciali e declinato gli incontri bilaterali con la Norvegia da quando, nel 2010, il Comitato norvegese del Nobel ha assegnato il prestigioso riconoscimento al dissidente cinese Liu Xiaobo, all’epoca in carcere e a tutt’oggi detenuto. La Cina reagì furiosamente chiedendo alle delegazioni straniere invitate alla cerimonia di boicottare l’evento. Una sedia vuota sul palco della premiazione rappresentò in modo significativo l’assenza di Liu. La decisione del governo di Oslo, di un paese che in passato ha sempre manifestato simpatia e sostegno alla causa del Dalai Lama, è espressione, ancora una volta, della debolezza di uno stato sovrano di fronte alle pressioni cinesi in nome degli interessi economici.