9 febbraio 2015. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (TCHRD) ha presentato sabato 7 febbraio, nel corso di una conferenza stampa convocata a Dharamsala, l’annuale rapporto sulla situazione dei diritti umani in Tibet. Tsering Tsomo, presidente del Centro, ha dichiarato che “nonostante le riforme promesse dalla Cina, la situazione dei diritti umani in Tibet continua a peggiorare”.
Nelle 206 pagine del Rapporto (nella foto la copertina), si rende noto che attualmente sono reclusi in Tibet 2110 prigionieri politici conosciuti, inclusi 137 tibetani arrestati o condannati nel corso del 2014. Undici tibetani si sono immolati con il fuoco nel corso dell’anno in segno di protesta contro l’occupazione del Tibet e nove di loro sono deceduti per le ustioni riportate. “In tutte le tre regioni del paese la situazione è peggiorata e i prigionieri tibetani sono frequentemente soggetti alla tortura, ai pestaggi e a restrizioni del diritto alla libertà di riunione e associazione. Nel corso del 2014, un crescente numero di tibetani è deceduto in prigione a causa dei maltrattamenti subiti”.
Le punizioni sono state estese ai famigliari delle persone che si sono autoimmolate, ai loro villaggi di appartenenza e a quanti hanno partecipato a celebrazioni religiose. Inoltre, i tibetani che hanno protestato contro gli arresti arbitrari o l’illegale sfruttamento del sottosuolo sono stati oggetto di rappresaglie per aver esercitato il loro diritto alla libertà di assemblea. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia denuncia inoltre l’inefficienza del sistema scolastico e del sistema sanitario, peggiori di quelli esistenti nel territorio cinese. I corsi di studio sono stati definiti inefficaci e poco producenti e le cure mediche così scarse che i tibetani hanno una vita più breve e di povera qualità.
In data odierna si apprende che un giovane monaco tibetano, Pema Dorjee, di diciassette anni, è stato arrestato il 6 febbraio per aver protestato da solo nella Contea di Kardze, nel Kham. Camminava per la strada invocando il ritorno del Dalai Lama e pregando per la sua lunga vita. La polizia, subito accorsa, lo ha brutalmente picchiato e tratto in arresto. Non si conosce dove attualmente si trovi.
Il 5 febbraio, Kalsang Tsering, 48 anni, è stato condannato dal tribunale di Lhasa alla pena di due anni e sei mesi di carcere con l’accusa di aver fornito informazioni a organizzazioni straniere, di tenere nel suo telefono una foto del Dalai Lama e di avere tentato di fuggire in esilio.
Fonti: The Tibet Post International – Phayul