Nonostante la repressione la gente scenderà in strada

Parla Claudio Cardelli, presidente dell’Associazione Italia-Tibetdi Anais Ginori
La Repubblica, 26 febbraio 2009

Roma “Il Dalai Lama è affranto, spaventato. Sa che molti tibetani sono talmente disperati che non hanno più nulla da perdere. E proprio per questo teme che si abbandonino alla violenza e all’estremismo”. Claudio Cardelli ha un filo diretto con Dharamsala, dove vive il governo buddista in esilio. “Sono trent’anni che mi batto per la causa tibetana e non sono mai stato così pessimista” racconta il presidente dell’associazione Italia-Tibet, che ha indetto per il 10 marzo una manifestazione davanti a Montecitorio.
E ora cosa potrebbe succedere?Nelle prossime due settimane ci sarà un’escalation. Il Losar, il capodanno tibetano, ha segnato solo l’inizio. Ci aspettiamo una rivolta ancora più dura ed esasperata di quella dell’anno scorso. Il 10 marzo si celebrerà l’esilio del Dalai Lama avvenuto nel 1959. Mezzo secolo che il legittimo leader del popolo tibetano vive fuori dal suo paese occupato. Sarà una data fortemente simbolica. Già sabato ci sarà la celebrazione voluta dai cinesi per festeggiare quella che loro chiamano “liberazione dal regime schiavista del Dalai Lama”. Per molti tibetani celebrare l’invasione dell’armata rossa è una provocazione.

Qual è l’appello del Dalai Lama?

Il Dalai Lama ha ribadito il suo appello in favore della non-violenza. Ha paura che molti fratelli cedano alle provocazioni cinesi. Dappertutto coloro i quali osano uscire mostrando i loro ideali devono affrontare la detenzione e la tortura. In particolare sono state imposte delle restrizioni speciali nei monasteri, sono state lanciate di nuovo le campagne di rieducazione patriottica.

Sarà possibile riallacciare il dialogo con Pechino?

Non credo. Il Dalai Lama chiede un’autonomia che è stata riconosciuta dal governo cinese già nel 1951 ma poi sempre disattesa. Tutti gli ultimi sviluppi mostrano le chiare intenzioni delle autorità cinesi: sottoporre il popolo a innumerevoli crudeltà e vessazioni intollerabili, e quindi costringere i tibetani a manifestare. Così la repressione potrà essere giustificata agli occhi del mondo. Noi non permetteremo anche la menzogna.

Cosa pensate di fare adesso?

Il 10 marzo in tutte le capitali internazionali ci saranno cortei di supporto. Manifesteremo davanti alla Camera, poi marceremo con una fiaccolata fino al Colosseo. La questione tibetana non ha colore politico, è bipartisan. La cittadinanza onoraria appena consegnata al Dalai Lama a Roma e a Venezia, con due sindaci di diversa appartenenza politica, lo dimostra.

Avete raccolto adesioni?

Sono già centinaia. Speriamo che crescano ancora. Invitiamo tutti ad appendere una bandiera tibetana alle finestre, come è già stato fatto con le bandiere arcobaleno durante la guerra in Iraq. Il Tibet è un simbolo assoluto del pacifismo.

È anche una battaglia persa?

È vero la Cina è un gigante. Ma il Dalai Lama dice: “Se pensi di essere troppo piccolo per combattere prova a passare una notte insieme a una zanzara”.