Pechino, 2 luglio 2009 (AsiaNews/Agenzie). Rara protesta pubblica a Pechino contro la censura statale su internet. Oltre 1.000 persone si sono riunite ieri, in una apparente riunione conviviale, aderendo all’invito dell’artista Ai Weiwei che aveva chiesto a tutti di boicottare Internet, in protesta per l’entrata in vigore del controverso nuovo filtro “Green Dam” per i computer. Pechino ha stabilito che i nuovi computer costruiti e venduti nel Paese devono avere installato questo filtro, al dichiarato fine di impedire l’accesso a siti pornografici o scurrili. Ma in Cina e all’estero molti ritengono che si voglia istituire un controllo completo e capillare sulla navigazione degli internauti cinesi e ci sono state diffuse proteste. Proprio il 30 giugno notte, poche ore prima dell’entrata in vigore, la nuova norma è stata rinviata a tempo indefinito.
La Camera di commercio Usa in Cina esprime soddisfazione per questa scelta. Anche la Camera di commercio dell’Unione europea aveva sollecitato Pechino a riconsiderare la questione, perché il nuovo filtro “pone problemi significativi in relazione a sicurezza, privacy, sicurezza del sistema e libertà di scelta per l’informazione e l’utilizzo”.
I partecipanti alla protesta di ieri dicono che questa è solo una vittoria temporanea e che ora occorre continuare la battaglia contro la censura di Internet.
Esperti notano che, comunque, i computer in vendita non avevano ancora il filtro, poiché la disposizione è entrata in vigore da poche settimane. Per cui la sua immediata applicazione era di fatto impossibile.
Poco prima del 20° anniversario del massacro di piazza Tiananmen, il 4 giugno, nel Paese sono stati bloccati il popolare sito di discussione Twitter di Google e la sua versione cinese Fanfou, secondo molti per impedire commenti e scambi di informazioni. Nel Paese si stimano esserci 300 milioni di utilizzatori Internet, più che in ogni altro Stato. Le autorità hanno paura che tramite Internet si propaghino notizie e si formino gruppi d’opinione e intimano ai principali siti mondiali di accettare la loro censura e di fornire i nomi di chi pubblica articoli sgraditi. Molti attivisti per i diritti umani sono stati arrestati per gli articoli pubblicati sulla rete.
La Camera di commercio Usa in Cina esprime soddisfazione per questa scelta. Anche la Camera di commercio dell’Unione europea aveva sollecitato Pechino a riconsiderare la questione, perché il nuovo filtro “pone problemi significativi in relazione a sicurezza, privacy, sicurezza del sistema e libertà di scelta per l’informazione e l’utilizzo”.
I partecipanti alla protesta di ieri dicono che questa è solo una vittoria temporanea e che ora occorre continuare la battaglia contro la censura di Internet.
Esperti notano che, comunque, i computer in vendita non avevano ancora il filtro, poiché la disposizione è entrata in vigore da poche settimane. Per cui la sua immediata applicazione era di fatto impossibile.
Poco prima del 20° anniversario del massacro di piazza Tiananmen, il 4 giugno, nel Paese sono stati bloccati il popolare sito di discussione Twitter di Google e la sua versione cinese Fanfou, secondo molti per impedire commenti e scambi di informazioni. Nel Paese si stimano esserci 300 milioni di utilizzatori Internet, più che in ogni altro Stato. Le autorità hanno paura che tramite Internet si propaghino notizie e si formino gruppi d’opinione e intimano ai principali siti mondiali di accettare la loro censura e di fornire i nomi di chi pubblica articoli sgraditi. Molti attivisti per i diritti umani sono stati arrestati per gli articoli pubblicati sulla rete.