di Riccardo Zerbetto
3 settembre 2009. Il quesito è semplice e complesso insieme: a chi sta a cuore la “causa” tibetana, alla Destra o alla Sinistra?
Il fatto che il popolo tibetano fosse governato da un sistema monastico lamaista di stampo aristocratico e che la Cina di Mao Tze Dong lo avrebbe “liberato” da tale sistema feudale crea di per sé una discriminante di base. E’ pur vero che la scarsa opposizione del Dalai Lama alla ingerenza del Partito democratico cinese ed anzi la sua strenua fede nella possibile integrazione nel sistema politico dell’Occupante viene spesso interpretato – stando anche a dichiarazioni dello stesso leader politico-religioso del Tibet – come un sostanziale consenso ad un sistema più “democratico”. Molteplici sono ancora le sue espressioni a sostegno di un progressivo processo di democratizzazione delle forme di governo del popolo tibetano.
Pur prescindendo da considerazioni di politica internazionale – sia per motivi di spazio che di competenze personali – nel momento in cui alcuni a cittadini o associazioni si muovono a dare qualche tipo di sostegno alla “causa” si presenta ineludibile il quesito di fondo su cui queste note intendono focalizzare l’attenzione.
Fermandoci alla storia recente sembra potersi pendere atto del fatto che:
- Il Governo italiano – sia sotto la presidenza di Berlusconi che di Prodi – ha teso ad eludere posizioni esplicite di conflitto con la Cina per evitare la rappresaglia in ambito economico che puntualmente la Cina mette in atto per scoraggiare ogni forma di ingerenza nei propri “fatti interni ” quand’anche si tratti di gravi violazioni dei diritti umani nei confronti delle minoranze etniche che pretendano di avere maggiore autonomia e rispetto delle loro culture, come del resto degli stessi cittadini cinesi che non si adeguino ai rigidi dettami imposti dall’attuale regime di “centralismo democratico”. Da questa debolezza dell’azione di governo – condivisa del resto dagli altri paesi europei e degli USA del pari ricattati dalle minacce cinesi – si sono in parte dissociati
- La Lega Nord che ha promosso eventi di ampia visibilità all’insegna di una difesa delle culture locali dai tentativi di inglobamento massificante di potenze egemoni
- Alleanza Nazionale che, specie attraverso gruppi giovanili, ha sostenuto la rinascita dell’orgoglio nazionale tibetano e di conseguenza la richiesta di indipendenza dalla Cina. In quanto sindaco di Roma, Alemanno ha conferito al Dalai Lama la cittadinanza onoraria.
- Rilevante è stato il coinvolgimento del partito Radicale a sostegno del Tibet, sostenuto anche da un personale rapporto tra Pannella e il Dalai Lama e dalle significative azioni intraprese da Matteo Mecacci anche nella sua posizione di Membro Commissione Esteri della Camera. L’orientamento mantenuto dai radicali, tuttavia, è sempre stato quello di avvallare la “middle way” proposta dal Dalai Lama, posizione che per sua definizione non può andare oltre la richiesta di maggiore autonomia e rispetto dei diritti umani.
- Rilevante l’impegno di Claudio Tecchio (coordinatore del preziosissimo www.dossiertibet.org), come espressione della CISL e del Consiglio della Regione Piemonte che ha coinvolto anche parlamentari di Forza Italia. La strenua denuncia alla brutale repressione cinese ad ogni spinta autonomista, il dichiarato appoggio al National Democratic Party of Tibet e ad una politica di sostegno alla legittima rivendicazione di indipendenza del Tibet hanno ricevuto sinora uno scarso accoglimento
E la Sinistra?
La cittadinanza onoraria Dalai Lama è stata assegnata anche dal sindaco di Venezia Cacciari non senza aspri contrasti all’interno della giunta e comunque su richiesta di un consigliere di AN sostenuto dai Radicali. Mancano, a quanto mi risulti, pronunciamenti di un certo significato da parte di rappresentanti della Sinistra a sostegno dell’inalienabile diritto alla autodeterminazione del popolo tibetano. Non sono mancate iniziative anche lodevoli, come quella promossa dal Consiglio della Regione Toscana nel 2008 per iniziativa di Severino Saccardi, ma sempre rimanendo, mi pare, su un basso profilo di ingaggio politico sul tema
Non sono mancate, anche in tempi recenti, dichiarazioni a sostegno del Repubblica Popolare Cinese da parte di rappresentanti della Sinistra più radicale dimenticando, pare, che la Cina di oggi rappresenta una forma di capitalismo di stato nella sua forma più esasperata e senza alcune forma di tutela dei diritti sindacali dei lavoratori
L’iniziativa su “Libertà e democrazia per il popolo tibetano” con il Seminario su Modelli di Democrazia e partecipazione – a favore di 17 studenti tibetani in esilio laureati o laureandi in Scienze politiche presso università dell’India – promosso da Worls Action Tibet viene sostenuto dalla Provincia di Siena e dal Consiglio della Regione Toscana prevede una serie di incontri presso sedi universitarie e Istituti di Ricerca politico-sociale di Roma, Siena, Firenze, Bolzano e Milano. L’iniziativa si inserisce nel sostegno ai processi di democratizzazione del Governo tibetano in esilio già dato dall’Università degli studi di Siena, dal Consiglio della Regione Toscana e dal Comune di Siena con il sostegno economico fornito dalla Provincia di Siena che, congiuntamente, già patrocinarono la Conferenza su: TIBET E DIRITTI UMANI. Una riflessione a 60 anni dalla proclamazione della Dichiarazione universale dei Diritti Umani da parte delle Nazioni Unite tenutasi il 10 dicembre 2008 in collaborazione con World Action Tibet e Associazione Italia-Tibet.
La presente iniziativa mira al coinvolgimento di più province italiane, come Siena, Roma e Bolzano, come pure di più Amministrazioni comunali, come Siena e Roma (e, previa conferma) Firenze, Bologna, Venezia e Milano con l’obiettivo di dare una testimonianza forte della solidarietà della cittadinanza italiana e della Sinistra alla causa del Tibet al di là delle esitazioni ed ambiguità manifestate dal Governo italiano
In ogni caso, ritengo sia legittimo e doveroso chiedere a tutte le Amministrazioni pubbliche cointeressate al progetto, come ai docenti universitari, ai sostenitori della “causa” tibetana, agli studenti ed in particolare ai giovani che vorranno unirsi a questo dimostrazione di interesse e di solidarietà a “mettere sullo sfondo” la appartenenza politica e di dare al contrario la priorità all’obietti comune di essere di qualche aiuto al dritto di riscatto per questo popolo umiliato da 60 anni di occupazione militare e di repressione di qualsiasi richiesta di diritto.
E’ davvero impensabile poter proporre una sana trasversalità su battaglie ideali che possano essere condivise da schieramenti o simpatizzanti di forze politiche diverse? Ci auguriamo che questo non sia.
Grazie,
Riccardo Zerbetto
(Coordinatore di World Action Tibet – Italia)