4 gennaio 2016 (AsiaNews). La società civile di Hong Kong è sempre più preoccupata per la sparizione di cinque dirigenti della Causeway Bay Bookshop, libreria specializzata in testi sulla lotta per il potere nella Cina continentale e sulla vita privata dei leader comunisti.
Dietro le sparizioni sembra infatti esserci il governo di Pechino. Al momento l’esercizio commerciale è chiuso. Il suo direttore, Lee Bo, è sparito lo scorso 30 gennaio: la polizia del Territorio lo ha inserito nella lista delle persone scomparse. Gli agenti stanno esaminando le telecamere di sicurezza dell’area per capire se siano coinvolti o meno agenti della sicurezza cinese.
Secondo il quotidiano locale Ming Pao, la moglie di Lee ha ricevuto tre chiamate telefoniche da parte del marito. Nelle conversazioni, il direttore ha chiesto alla donna – parlando in mandarino – di “non aspettarlo presto” e di “mantenere un basso profilo”. Lee ha aggiunto di “stare cooperando con un’inchiesta della polizia”, ma non ha chiarito se si tratti di quella di Hong Kong o della Cina continentale. Il numero di telefono dimostra però che le telefonate sono partite da Shenzhen (Cina meridionale).
Lo scorso 3 gennaio 2016, diversi attivisti del Territorio si sono riuniti davanti all’Ufficio di Pechino per le relazioni con Hong Kong. Questi hanno chiesto spiegazioni sulla sorte delle persone scomparse. Oltre a Lee Bo sono irreperibili da tempo il cittadino svedese Gui Minhai, proprietario della casa editrice Mighty Current sparito nell’ottobre 2015 in Thailandia; Lam Wing-kei, manager della libreria; Lui Bo, general manager della casa editrice; Cheung Jiping, capo del settore commerciale. Gli ultimi tre sono irrintracciabili dal novembre 2015.
Davanti all’Ufficio c’erano anche il deputato del Consiglio legislativo Alberto Ho e Lee Chek-yan, entrambi di area democratica. Il primo è convinto che la sparizione dello staff editoriale sia in qualche modo collegata con la pubblicazione di un libro sulle storie d’amore di Xi Jinping; il testo era quasi in pubblicazione. Secondo Lee è “inaccettabile” che la polizia continentale abbia avuto un ruolo nella sparizione: “Sarebbe una violazione assoluta del concetto ‘Una nazione, due sistemi’”. Il riferimento è alla struttura giuridico-sociale e politica messa in piedi da Pechino dopo il ritorno di Hong Kong alla madrepatria (1997); da allora, per 50 anni, l’ex colonia gode di relativa indipendenza dal governo centrale.
Sulla vicenda si è espresso oggi anche il Capo dell’Esecutivo Leung Chun-ying, secondo il quale “non sarebbe accettabile vedere agenzie di sicurezza cinese operare in Hong Kong, in violazione alla Basic Law [la piccola “Costituzione” del Territorio ndr]. Tuttavia non abbiamo indicazioni o prove del loro coinvolgimento”. Il Global Times, quotidiano comunista in lingua inglese, ha pubblicato sempre oggi un editoriale in cui invita la popolazione a “non speculare” sulla sparizione di Lee e attacca i libri da lui venduti, che “colpiscono la reputazione di stimati funzionari”.
Fondata nel 1994, la libreria è divenuta molto popolare fra i cinesi in visita a Hong Kong proprio per la disponibilità di libri proibiti in patria. Negli ultimi anni, sono molti gli editori del Territorio finiti in carcere nella Cina continentale per questa attività: fra loro Yiu Man-tin, condannato a 10 anni di galera per “contrabbando”, Wang Jianmin e Wo Zhonxiao, arrestati per “attività economiche illecite”.
Fonte: AsiaNews